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Incontri ravvicinati del terzo tipo

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Quando il messaggio passa davvero

Sabato 16 novembre ho firmato le dediche alla Libreiria Facta, 4 rue de Clichy, Parigi, il mio libro in francese Orchestre Rouge.
Mercoledì sera e lo stesso sabato mattina ero stato intervistato su Radio Courtoisie e avevo spiegato di cosa trattava il libro. Ovvero dell’uso sistematico del terrorismo in chiave golpistica ad opera delle avanguardie imperialistiche e partigiane.
Avevo illustrato la strategia della Trilaterale, il ruolo dell’Internazionale trozkista, quello dei partiti comunisti, dei servizi fuori della Nato (Francesi, Israeliani e Tedeschi dell’est). Avevo raccontato la svolta del 1971 quando il Mossad prese il controllo dell’ultrasinistra occidentale e iniziò a sospingerla verso lo stragismo. E ancora la scelta filocomunista della Cia in Italia che risale al 1964.
Avevo spiegato anche il ruolo di Gladio e della P2 (pressoché opposti a quelli che racconta la vulgata) e la genesi ideologica della Cia.
Avevo infine ricordato come la centrale operativa fosse stata fissata a Parigi sotto l’ala protettrice della destra trilateralista di Giscard d’Estaing.

La sorpresa l’ho avuta appunto sabato pomeriggio perché abituato come sono a parlare a delle minoranze già “acculturate” o ideologicamente predisposte non mi aspettavo d’incontrare per la prima volta un pubblico così ampio e variegato.
C’è il fratello musulmano tunisino che mi dice “l’ho ascoltata; quello che dice è significativo. La Tunisia oggi ripercorre le strade di quell’Italia che ha illustrato”.
C’è l’immancabile cattolico integrista che ha paura dell’invasione islamica. I due finiscono con l’alzare la voce fin quando intervengo proponendo una “terza posizione” che almeno in parte li soddisfa.
C’è l’inossidabile investigatore del potere massonico che è rimasto colpito dal ruolo delle logge toscane e del Direttore d’orchestra.
C’è la sorella del generale della Gendarmeria inviata dal fratello incuriosito dalla mia versione.
C’è il giornalista algerino che lavora per Le Monde e che mi dice “Lei ha coraggio, queste verità in occidente non si sentono spesso”.
C’è una ragazzina compita che mi sussurra: “fa una dedica a mio padre?”  e poi finalmente si sbottona “sa, è un militante comunista da sempre. Ha ascoltato quello che lei dice sui trozkisti e ne è entusiasmato. I trozkisti sono proprio come li dipinge lei”.
C’è perfino l’ex agente dei servizi d’informazione francesi che viene a comprare il libro per leggerlo perché “finalmente intendo qualcosa che assomiglia molto alle confidenze che mi hanno fatto i miei vecchi colleghi”.
C’è pure chi viene da anonimo e mi dice un po’ impacciato “non so come funziona, è la prima volta nella mia vita che vengo a farmi dedicare un libro ma dopo quello che ha detto volevo incontrarla”.

Morale della favola: talvolta – e sottolineo talvolta – è solo questione di comunicazione.
Un buon segnale direi.

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