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Insidiosi buffoni

Nuovi volti dell'antifascismo: possibili risvolti

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È cosa abbastanza nota che l’antifascismo negli ultimi anni abbia assunto tratti particolarmente caricaturali. Chi lo professa e lo diffonde ha raggiunto un livello infimo, troppo infimo anche per una storia disonorevole. Questo è quanto affermano in molti; effettivamente la sensazione che si percepisce, soprattutto se si tiene conto della composizione elettorale che muta e della sempre minore popolarità che gli ambienti eredi della storia comunista riscuotono nelle fasce popolari, un tempo da loro egemonizzate. Tuttavia, se il mondo di sinistra fosse effettivamente composto soltanto da gente che è ossessionata dal pericolo di incombente ritorno del fascismo, al punto da cercare disperatamente ogni evento, ogni frase pronunciata e ogni episodio che anche vagamente confermi la loro propaganda, non si avrebbe da temere, visto che ciò significherebbe l’inizio della fine del sistema antifascista. Purtroppo, le cose stanno in termini leggermente differenti, ma in pochi sembrano percepirlo.

A scanso di equivoci, effettivamente il mondo progressista oggi ha le conformazioni sopra esposte; sarebbe un grave errore tuttavia non comprendere cosa si cela e qual è la strategia che si sta conducendo. I nostri nemici non sono affatto poco dotati intellettualmente, o, più precisamente, lo sono nella misura in cui ai termini intelletto e intelligenza si danno i significati più profondi, come ci mostra l’etimologia, ma, nell’accezione che comunemente si da a tali vocaboli, essi sono molto lucidi e sanno perfettamente verso quali mete stanno indirizzando il proprio modus operandi, ovvero la completa distruzione, per arrivare alla quale sono sostenuti da una serie di alleati, molti dei quali credono invece di combatterli. Quali sono esattamente le loro sponde? Molteplici. Descriverle nel dettaglio tutte richiede come minimo la stesura di un trattato, tuttavia è facilmente attuabile una sintesi a grandi linee, per approdare alla quale occorre concentrarsi su quale vogliono sia il risultato finale, il cui motore sono la perversione e l’amore per la distruzione totale.

Chi anche solo vagamente presta la dovuta attenzione ai fatti di cronaca avrà notato come scioperi, aggressioni antifa davanti a scuole ed università, occupazioni delle stesse siano ormai diventate un fattore corrente. In Sapienza le associazioni di destra spesso senza presidi di digos e polizia, neanche possono fare un volantinaggio. I giornalisti di Repubblica ripescano video risalenti a più di vent’anni fa per demonizzare persone che fanno parte del Parlamento e in generale della vita politica da più di vent’anni. La sinistra istituzionale non si fa più alcun problema a manifestare chiaramente il proprio doppiopesismo, quando non propone leggi che puniscono con la galera chi dovesse dedicare ad Almirante piazze o vie nei comuni. Il tutto si aggrava poi, visto che va ad inserirsi nel contesto generale della cancel culture, che la sinistra italiana ed europea si impegnano costantemente perché sia conosciuto sul suolo europeo con la stessa ferocia e violenza americana, cosa che fra l’altro non stupisce visto la loro fedeltà al servilismo atlantista. Se dovessimo, quindi, riassumere in poche parole il lavoro della sovversione contemporanea, queste sarebbero, vittimismo estremo, (per questo i compagni oggi spesso nemmeno aggrediscono ma provocano per passare come vittime), violenza indisturbata, come dimostrano l’assalto alla sede di Pro Vita e le tensioni create dai fanatici presunti ambientalisti, e installazione del senso di colpa perpetuo. Tutto il corollario delle ideologie che lo scorso secolo vinsero la seconda guerra mondiale, sottomettendo l’Europa, oggi si manifestano tutte insieme, nella loro gigantesca mostruosità, praticando la politica culturale di Norimberga con mezzi più subdoli. Per quanto poi possa sembrare paradossale che, proprio nel momento in cui il consenso di massa alle ideologie sovversive viene meno, la strada per la totale decadenza sembri sempre più inesorabile, tutto in realtà ha un senso.

Al sistema non interessa più avere il consenso, quindi non ricorre alla manipolazione della realtà per apparire buono; ricorre bensì alla costante creazione di tensioni, in modo tale che le masse siano sempre più assuefatte, alle distrazioni di massa e alla contaminazione di qualunque cosa percepisca come minaccia alla sua egemonia. Proprio per questo si procura alleati formidabili, molto spesso inconsapevoli. Crea personaggi, li dipinge come mostri e fa in modo che le opposizioni siano veicolate su queste, come dimostrano l’ammirazione di certi soggetti per personaggi come Milei, Trump, Bolsonaro e Putin. Tutte personalità create perché nulla cambi e per dare più spazio all’accellerazione della decadenza. A parte poi gli utili idioti, vi è una massa gricia e amorfa, ovvero il compimento della democrazia, che giustamente Hegel definiva moltitudine deforme, che vive sempre più alienata e dalla quale nascono poi i mostri alla Turetta, i quali divengono lo strumento per le colpevolizzazioni e le giustificazioni degli abomini che si intende incrementare. Ed è proprio su questa massa grigia che si gioca tutta la questione. Fino a quando chi sostiene di opporsi alle degenerazioni del mondo moderno, adotterà il classico schema che prevede la conquista del consenso delle masse, non sarà che un eterno sconfitto. Lo sarà dal punto di vista culturale, visto che seguirà il dogma democratico di inseguimento delle masse, non di guida, e lo sarà a lungo termine anche nei risultati.

Chi è scettico circa questa analisi, si ponga qualche interrogativo, soprattutto il seguente: da quando sullo scenario politico internazionale sono comparse creature quali il sovranismo e il populismo, le sovversioni sono per caso state fermate? Non solo hanno continuato ad agire indisturbate, ma addirittura si sono moltiplicate a ritmi mai visti prima. Una possibilità di rinascita concreta esiste. Per quanto l’antifascismo si stia consolidando, evidentemente comunque è la paura il sentimento che domina gli intenti di chi ne è il principale esponente. Come la storia insegna, tutte le volte che in un sistema aumentano le repressioni, significa che quel sistema è in crisi e che prima o poi crollerà. Tuttavia perché, quando dovesse crollare, la civiltà europea non sia ridotta in macerie, serve che chi è portato spiritualmente ad assolvere a tale compito si armi di volontà e di coraggio e recuperi ciò che dovrebbe essere alla base della nostra azione. Se l’eredità che quell’idea che lo scorso secolo fece davvero tremare il sistema capitalistico, differentemente dalle caricature rossobrune odierne, fosse recuperata e conosciuta come si dovrebbe, si eviterebbero innumerevoli deviazioni e mai si avrebbe la tentazione di trasformarsi in ciò che vogliono gli avversari. Problemi, forse, come la russofilia delirante sarebbero quasi inesistenti. Se a ciò sarà congiunto ciò che per decenni si è omesso di fare, ovvero occupare strategicamente i settori più importanti della società, parlando si un linguaggio che ci dia modo di farci comprendere, ma senza rinunciare ad essere noi stessi, e non soltanto nei formalismi e nelle difese astratte, ma soprattutto nella sostanza, nell’animo e nel modo di pensare, allora certamente il futuro dell’Europa sarà diverso. Per riassumere il tutto con una frase si può dire che ci serve un pessimismo realista unito ad un vitalismo eroico, entusiasta, insensibile alla paura di perdere e memore di quell’antica lezione che ci ricorda che è la guerra a santificare la causa

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