ed è in preda all’isteria
Il dibattito in corso su Repubblica spiega il crollo delle élites molto più di quanto si possa immaginare. In quella che si presenta come «autocritica» gli altri non esistono, non hanno diritto di parola, sono plebe, o fascisti, reazionari, sovranisti o loro complici. La stessa cosa ha fatto il PD.
Da diversi giorni su Repubblica va in scena il teatrino dell’assurdo: la Casta spiega al popolo perché ha perso e perché hanno vinto i suoi nemici. Fanno autocritica perché non accettano critiche, gli unici abilitati a criticarli sono sempre loro stessi. Hanno la presunzione di sapere solo loro come sono andate effettivamente le cose, perfino la loro sconfitta la capiscono solo loro che l’hanno pur causata, almeno in buona parte. La loro autocritica esclude il presupposto di ogni serio bagno di umiltà: ascoltare. Ascoltare gli altri, ascoltare chi ha vinto e chi ha decretato la vittoria dei populisti e dei sovranisti, ascoltare la gente, ascoltare chi già prima del collasso spiegava le ragioni del cambiamento in corso. Macché. Gli altri non esistono, non hanno diritto di parola, sono plebe, o fascisti, reazionari, sovranisti o loro complici. La stessa cosa ha fatto il PD.
Ma tutta questa presunzione – che il loro Papa laico definisce in modo altrettanto presuntuoso come «albagia» (Eugenio Scalfari dixit di Se stesso, con il Sé maiuscolo) per non confonderla con la volgare arroganza – spiega il crollo delle élites molto più di quanto si possa immaginare.
Infatti cosa si può rimproverare alle élites, il fatto di esistere e dunque per ciò stesso di tradire la democrazia, cioè l’autogoverno del popolo? Ma no, questo è lo schema puerile, simil rousseauiano, di chi crede alla favola della democrazia diretta. C’è sempre stato un governo d’élite, non si conoscono Paesi e sistemi politici in cui i governati coincidano con i governanti, nemmeno a rotazione, e tutto si decide a colpi di referendum e di plebiscito, persino le manovre economiche si fanno al balcone e poi si firmano in piazza tra bandiere, abbracci e trictrac.
Il problema vero, la malattia del sistema, è che non si sono viste in campo le élites, al plurale, in competizione tra loro, come si addice a una vera democrazia, ma una sola oligarchia, un blocco di potere compatto e uniforme benché ramificato.
I teorici delle élites, da Gaetano Mosca a Vilfredo Pareto, parlavano di circolazione delle élites, per loro la storia è un cimitero di aristocrazie; sono le minoranze che governano, ma sono minoranze in competizione, che si rinnovano.
Da noi invece è avvenuta la stipsi delle élites. O se preferite una metafora meno cacofonica, l’arteriosclerosi delle élites, l’indurimento delle arterie che non consentivano la loro fluida circolazione. Si formano i trombi nel sangue e i tromboni nella società. E fermano il flusso. È lì che la classe dirigente si è chiusa a riccio, diventando solo classe dominante, e Casta sovrastante.
Non c’è stata circolazione, non c’è stata competizione tra élites divergenti, e non c’è stato filtro selettivo per consentire il ricambio tramite la meritocrazia. Si è bloccato l’ascensore sociale, si è chiuso l’accesso dei capaci e dei meritevoli. Si accedeva alle élites solo per cooptazione, per affiliazione alla cupola elitaria, per conformità di idee, metodi, linguaggi e idolatrie.
Ma per avere circolazione, selezione, competizione, devi ammettere che non esista solo un modello, una via di sviluppo, un solo codice politico, culturale e ideale. Devi accettare le differenze e il vero antagonismo.
E invece chi non era conforme a quella precettistica, era messo fuori legge, fuori sistema, si poneva di volta in volta fuori dalla modernità, dalla democrazia, dall’Europa e in certi casi perfino fuori dall’umanità. Poi non si spiegano perché l’odio sia diventato un fatto sociale diffuso. Dopo aver insegnato odiologia verso chi dissentiva dal loro canone, non potete poi meravigliarvi se la gente ha ricambiato, magari con la rozzezza dovuta a chi è carente di cultura e buone maniere. D’altra parte la buona educazione, dal ‘68 in poi, fu cancellata e se non sbaglio da quella storia provenite pure voi. Una società volgare, sboccata, primitiva, nasce proprio da quella «liberazione», dal mancato nesso tra diritti e doveri, che dal ‘68 in poi è diventato il discorso dominante («Il diritto di avere diritti»). Ora, non dico che quel che è accaduto sia solo colpa della Casta: anche dalla parte opposta si è fatto poco per far crescere e formare élites adeguate, qualificate e competitive. Però negando ogni cittadinanza alle idee diverse, ai modelli politici e culturali diversi, riducendo tutto a Fascismo e paraggi, e soprattutto negando perfino l’esistenza di chi la pensava diversamente perché chi divergeva non poteva avere pensiero, hanno di fatto avallato il loro essere un blocco unico e chiuso, che si autoriproduce.
A differenza loro, io per esempio leggo Ezio Mauro e Alessandro Baricco, Michele Serra e Ilvo Diamanti, Eugenio Scalfari e altre loro firme culturali, e ne apprezzo in generale la qualità intellettuale. Li critico, polemizzo. Per loro invece, chi non la pensa come loro o è una bestia o non esiste. Poi non si sanno spiegare perché alla fine parlano solo tra loro e a Se stessi, con il Sé maiuscolo, dimenticando il mondo. Che alla fine fa volentieri a meno di loro, o si rivolta contro di loro.