venerdì 19 Luglio 2024

La Germania contro i colossi Usa

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Comunque vada, è gente fiera

La Germania di Angela Merkel non si fa intimorire dalla scelta dell’amministrazione Trump di difendere a spada tratta i giganti tecnologici statunitensi e manovra in modo tale da ottenere un margine di gestione politico delle loro attività in terra tedesca.
I governanti tedeschi hanno presentato un disegno di legge finalizzato a rafforzare le competenze dell’ufficio federale antitrust sulle multinazionali del big tech, principalmente Amazon e Google, per evitare casi di concentrazione industriale che possano ostacolare il mercato interno e creare posizioni dominanti al suo interno.

Il ministro dell’Economia Peter Altmeier ha definito lo strumento come funzionale a ottenere un “controllo più stretto su eventuali pratiche abusivi dei colossi digitali” in campi come lo sfruttamento a fini di mercato dei dati della clientela, la vendita degli stessi anche tra piattaforme con comune proprietario (Instagram e Facebook, ad esempio) e la mancata comunicazione delle informazioni raccolte a chi ne faccia richiesta.
Si tratta della prima proposta di legge che formalizza, nero su bianco, controlli più stringenti ai colossi del web. E Berlino la plasma pensando al suo interesse nazionale e alla volontà di prevenire gli abusi di mercato, nonché alla tutela dei campioni nazionali nei settori ad alto tasso d’innovazione, come Bosch e, soprattutto, Sap, l’impresa che fornisce l’omonima piattaforma gestionale multifunzione che sta sviluppando capacità computazionali di prima grandezza.

Il Financial Times ha definito techlash l’ondata di appelli alla regolamentazione dei giganti del web che sta montando nel contesto europeo e il discredito crescente che le società del Vecchio Continente hanno sviluppato nei confronti della Silicon Valley, fonte di pressione sui governi per azioni incisive. La legge tedesca, in particolar modo, darà alle autorità più spazio per “stabilire in che caso una compagnia può essere definita dominante in un particolare mercato. L’agenzia antitrust, in questo caso, potrà proibire materialmente alle piattaforme in questione di garantire un trattamento preferenziale ai propri prodotti a scapito di quelli prodotti dai rivali”.

La Germania non è sola nell’operare contro l’ipertrofia dei colossi del web, per quanto questa sia la prima legge che imponga un limite operativo prima ancora che fiscale. Francia e Italia hanno posto in essere la tassa sui servizi digitali; Parigi e Berlino hanno sviluppato il motore di ricerca “autarchico” Qwant; il Regno Unito ha recentemente sbattuto la porta in faccia alla Silicon Valley non chiudendo al 5G costruito dalla cinese Huawei. E a parlare di riconquista della “sovranità” dalla dominazione tecnologica statunitense, che si sostanzia nel controllo dei dati prodotti dai cittadini, non sono solo attori come Russia e Cina.

Al recente forum di Davos, la presidente tedesca della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che “la priorità dell’Europa è l’autonomia strategica e la sovranità digitale”. E nel sovranismo informatico la Germania ha fatto passi da gigante, come ricorda Milena Gabanelli nella sua rubrica sul Corriere della Sera: “Oggi i nostri dati, seppur parcheggiati,  su server europei sono accessibili ai colossi tech Usa, che li usano a loro piacimento per trarne profitto”, fa notare l’ex conduttrice di “Report”, aggiungendo poi che “il governo tedesco ha realizzato in Germania una serie di cloud (Gaia) che permette di affrancarci dai colossi americani, poiché si tratta di un “hangar” fisicamente posizionato in Europa”. Gli Stati europei si vanno via via rendendo conto dell’importanza della sovranità sui dati. Destinati ad essere il “petrolio del XXI secolo” e assurgere al ruolo di asset strategico di fondamentale importanza. Berlino fa da capofila: bisogna ora capire come si adatteranno gli altri Paesi europei.

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