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La prima mossa fu la Brexit?

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Radiografia della guerra in Ucraìna e del confronto nell’IndoPacifico

Dimentichiamo troppo spesso che gli inglesi hanno una marcia in più degli altri e stanno costantemente avanti di un tempo nelle proprie giocate.
Non a caso, insieme ad altre creature – tipo la Massoneria moderna – hanno inventato l’Intelligence e dai clubs che risiedono nella piazza che fissa quotidianamente il corso mondiale dell’oro ne hanno spesso coordinato i vertici internazionali, avviando giochi tripli e quadrupli che hanno anche consentito loro di finanziare e manipolare organizzazioni terroristiche di mezzo mondo.
Non ci stupiremmo se i britannici avessero previsto – e contribuito a produrre – i cambi epocali che a partire dai cortocircuiti pandemici si sono verificati a scala planetaria e ora si propongono violentemente nella trasformazione del sistema mondiale, agendo sui due aspetti eternamente complementari di unità e di scissione. Ciò ultimamente avviene con dinamiche che per una sorta di magico paradosso acuizzano ed estremizzano l’uno e l’altro aspetto al tempo stesso. Un sistema mondiale ogni giorno molto più unito e molto più diviso di prima: nel Caos organizzato evidentemente è possibile!
In previsione di questa fase servivano mani libere al cripto-impero della City, il Commonwealth, che lo rendessero in grado di affiancare Washington, incalzarla, e perfino superarla e farsi inseguire.

Gli inglesi per spaccare l’Europa
L’invasione dell’Ucraìna, cui Putin si è prestato per calcoli incomprensibili, è stata utilizzata da Londra per entrare in gioco prepotentemente. Mostrandosi più falchi degli americani, gli inglesi hanno occupato il terreno militare e si sono proposti come i garanti di tutte le nazioni minacciate dai russi. Questo è stato agevole perché il cuore della Ue (Francia e Germania) è direttamente danneggiato dalla guerra e dalle sanzioni, di cui questa è il vero obiettivo. Pertanto Parigi, ma soprattutto Berlino, ritengono, forse a torto, di non dover fare la voce grossa. Ma questo rischia di costare parecchio perché lo spazio vitale economico e diplomatico dei tedeschi risiede proprio nei paesi più minacciati da Putin e quivi Londra gioca a spaccare. Johnson ha addirittura parlato di un “Commowealth” europeo. Se agli Usa conviene una Ue imbrigliata, all’Inghilterra piace divisa se non divelta.

La sfida ai franco-tedeschi
Se Londra gode, nemmeno Washington piange.
Non è vero che le sanzioni economiche facciano il solletico a Mosca come si sostiene con molta leggerezza in più ambienti e ad affermarlo sono proprio le massime autorità ecomiche russe che, non poco preoccupate, non nascondono le difficoltà a venirne fuori.
Tuttavia queste sanzioni incidono quasi nulla sulla guerra e sono pagate ovviamente anche da chi le applica: molto dagli europei, in particolare tedeschi e italiani, e quasi per nulla dagli americani. Non è difficile coglierne la strategia. È stato inferto un colpo notevole ai programmi di transizione energetica europea e l’aumento vorticoso delle materie prime e dei combustibili ha gelato la nostra ripresa, mentre viene oggi programmata una diversificazione energetica  insostenibile.
Questo si somma all’azione disgregatrice britannica e mette a rischio l’unità europea. Se accadesse, ciò indurrebbe il polo franco-tedesco, comunque solido, a oscillare a pendolo tra due calamite (atlantica ed asiatopea) per garantirsi indipendenza ma senza più velleità di potenza. Noi italiani sprofonderemmo invece nel ruolo di subalterni rispetto alle nazioni del Sud Mediterraneo in crescita di potenza (Turchia, Israele, Egitto, Marocco, Algeria) e ci ritroveremmo centrifugati da tutti gli scenari geopolitici e geoeconomici in cui abbiamo continuato a operare anche se piuttosto servilmente.

Scavalcare il WTO
Agli americani va comunque bene anche l’ibrido di multilateralismo all’interno di un nuovo assetto bipolare che, a differenza di altri, a me non sembra preoccuparli. D’altra parte la minaccia all’egemonia del Dollaro di cui si parla incessantemente non è di oggi, e dobbiamo rammaricarci che lo sfidante sia lo Yuan dopo che per un buon ventennio una guerra costante lo abbia difeso dall’Euro con le presunte aree nazionali assolutamente inconsapevoli oppure schierate (No Euro….) con la City e con Wall Street. A quella minaccia gli Usa opponsero colpi di Stato, guerre civili, omicidi; a quella attuale offrono risposte articolate.
Nella rinnovata formula di unità-scissione si giocano le carte molto più della Russia che si sta invece schiacciando da sola sotto Pechino. Il nuovo assetto non è contrastato dagli americani che, anche come riflessioni strategiche, lo hanno in buona parte delineato. Essi vi giocano partite multiple in cui combattono ovviamente per l’egemonia. Ma sono consapevoli del fatto che il sistema liberale aperto non consente il necessario protezionismo difensivo. È la ragione per la quale sono stati proprio gli americani a paralizzare a sorpresa il WTO, tanto difeso da Mosca, e continuano a farlo. Si concepiscono come svincolati da un sistema vincolante e intendono muoversi da battitori liberi e un po’ da pirati – proprio come gli inglesi – mantenendosi in vetta in un multipolarismo asimmettrico.
Come scrive su National Interest Rufus Yerxa, Presidente del WTO dal 2002 al 2013, essi pensano di “tracciare un nuovo futuro commerciale fuori dalla cornice WTO, non necessariamente abbandonandolo, ma creando una nuova struttura multilaterale con impegni più profondi tra nazioni votate alla democrazia e al libero mercato”. Questa è esattamente la tecnica che avrebbe dovuto essere adottata dagli europei per sostenere l’Ucraìna indipendentemente dalla Nato.

Nell’Asia più scissa che unita
Alcuni osservatori sono oggi impressionati dalla vitalità di relazioni ad est, nel potenziale polo asiatico con appendice europea determinata da una Russia sempre più infeudata alla Cina.
Quanto questo sia realmente rischioso per gli americani è tutto da definire, perché mai come oggi partite multiple e sfide incrociate si sono manifestate nell’IndoPacifico tra India, Cina, Giappone, Australia, Corea. L’India in particolare sta facendo carte false per tenere in vita una Russia non del tutto sottomessa a Pechino, un destino paventato dagli stessi think tank russi.
L’unità asiatica è davvero lontana dal delienearsi.
Laddove su quel quadrante gli americani possono già segnare dei punti a loro vantaggio è proprio nei confronti dell’Europa. L’accordo commerciale euro-cinese, CAI, che li aveva fatti sobbalzare, non è stato ancora ratificato e in Germania il ministro delle Finanze, Christian Lindner, chiede loro di riproporre il TTIP che sventammo cinque anni fa. Insomma l’Amministrazione Biden sembra aver riassorbito le faglie tettoniche prodotte dall’avventato Trump che aveva involontariamente spiazzato gli Usa e rilanciato un’Europa come aspirante potenza.
Assistiamo in questi giorni a segnali di smarrimento europeo che si accompagnano a vari disegni di accordi multilaterali americani con i paesi asiatici e con l’immancabile, formidabile, Inghilterra.
Morale della favola: gli effetti della guerra in Ucraìna, in attesa che devastino il Terzo Mondo, oltre alla nazione sacrificata, stanno lacerando soltanto la Russia e l’Europa.

In fondo è evidente
Il semplicismo, il sensazionalismo, il tifo e la propaganda continueranno a suggerire letture apocalittiche o palingenetiche del conflitto in atto. Chi seguiterà ad esser mosso irrazionalmente dalle sue identificazioni in quello che vuol vedere a tutti i costi non riuscirà a ragionare freddamente. Se invece si tengono in conto solo i dati e li si collega tra loro, la definizione che venne immediatamente fornita dal sottoscritto all’avvio dell’aggressione putinista dell’Ucraìna sembra tuttora calzante: “Una guerra all’Europa combattuta dal fante russo, agli ordini di un generale americano e di un consigliere britannico”.

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