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La sentenza Alemanno

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Mafia Capitale

Gianni Alemanno ne ha combinate di cotte e di crude.
Ha partecipato alla celebrazione della “liberazione” di Roma con le jeeps americane, ha tenuto un atteggiamento conciliante con l’Anpi, ha dato un’enorme importanza a Pacifici, anche a scapito dei membri di destra della comunità ebraica romana, ha perfino partecipato alla maledizione dell’Antica Roma sotto l’Arco di Tito. Oggi paga il fallimento di un atteggiamento psicologico e di una politica “intelligente” che ha dimostrato di essere sbagliatissima. La furbizia alleanzina si è rivelata una strategia con le gambe corte, destinata al precipizio. Gianni Alemanno si trova nel precipizio.
Ciò chiarito, la sentenza su Mafia Capitale, puzza assai. Tutto il processo sembra indirizzato a coprire le parti politiche precedenti – e successive – alla gestione Alemanno. Le condanne poi sono squilibrate, emesse ad personam. Tra i condannati, Luca Gramazio è palesemente innocente, ma lo stesso Alemanno non sembra davvero colpevole. La giustizia in Italia ha l’aria di avere non due pesi e due misure, ma dieci pesi e dieci misure.
Se possiamo dire che Alemanno se l’è cercata, cionondimeno dobbiamo supporre che sia vittima di ingiustizia e di odio di parte. Un’ingiustizia e un odio di parte che non risparmiano nessuno e contro i quali dobbiamo lottare.

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