Il premier turco Recep Tayyp Erdogan, in visita in Spagna, ha annunciato che le autorità turche hanno sventato un tentativo di colpo di Stato militare e “oltre 40 persone sono state fermate”. Stando a quanto riferito dai quotidiani turchi, il tentato golpe potrebbe essere ricollegabile alla rete costruita da “Ergenekon”, un’organizzazione segreta che avrebbe come obiettivo la destabilizzazione del Paese e del governo di Ankara.
Il piano originario prevedeva infatti l’istallazione di due bombe in due moschee di Istanbul per far salire la tensione con la Grecia che, in extremis, sarebbe dovuta intervenire rivelando tutta la debolezza dell’attuale governo Erdogan. Il piano è anche stato denominato, dai suoi ideatori, “Balyoz”, martello.
Al momento ci sono almeno 300 persone sotto processo perché accusate di fare parte di questa organizzazione.
Con la”retata” di oggi sono finite in manette 40 persone tra cui anche personalità note al popolo turco: l’ex comandante delle forze aeree Ibrahim Firtina, il generale Engin Alan e altri 10 ufficiali. A completare la lista anche due militari in pensione: il generale Cetin Dogan e il generale Suha Tanyrli, le cui abitazioni sono state sottoposte a perquisizione.
Oltre ai militari, fra gli arrestati di questa mattina, c’è anche Ozden Ornek, autore di alcuni diari controversi usciti nel 2004, che parlavano di un golpe in preparazione da parte di quattro alti gradi dell’esercito. Gli occhi adesso sono tutti puntati sulla reazione delle forze armate. Il capo di Stato maggiore dell’esercito, il generale Ilker Basbug, ha fatto sapere di aver annullato all’ultimo minuto il suo viaggio in Egitto.
Saranno pure golpisti ma ci sono cascati come polli. Sembra la ripetizione della trappola Tejero a Madrid esattamente ventinove anni fa. Quest’azione spinge, e con celerità, Ankara verso Bruxelles.
Gli interessi europei però – ed anche quelli turchi – non stanno in nessuna delle soluzioni che vengono proposte nell’alternativa comunemente presentata, ovvero non sono nella reciproca e ostile tensione religiosa alla teocon/fondamentalismo islamico, né nell’integrazione reciproca nell’Unione. Essi risiedono in una cooperazione commerciale e strategica che mantenga le diverse peculiarità e i campi d’intervento.
Le zone d’influenza turca, da cui una spinta pilotata ad ovest tende a sottrarla, si estendono nel suo est e nel suo nord-est, verso l’Asia centrale, in rapporto ambiguo e bivalente con l’Iran e in competizione con Israele e il partito atlantico e non, invece, ad ovest in un mix incomprensibile che, oltre a rivelarsi pernicioso per loro e per noi, avvantaggia tutti i suoi competitori storici e geografici.
Per questa soluzione è necessario, anzi è d’importanza vitale, impegnarsi seriamente, da una parte e dall’altra dei Dardanelli. E dall’altra parte, ciò sorprenderà qualcuno, molto più degli islamisti (solitamente più che propensi all’entrata nella Ue) ad essere ostili all’integrazione nella Ue sono i laici della tradizione di Ataturk che sono coloro con i quali maggiormente potremmo trovare un accordo felice per entrambi.