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La guerra civile planetaria

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I valori nazionali, le appartenenze, la sovranità di uno stato nei suoi affari interni: tutto questo sembra esser stato spazzato via a partire dall’aggressione mondialista alla Serbia, la guerra che ha segnato la nascita del nuovo “diritto” all’ “ingerenza umanitaria”. Ovvero: in base a valori presuntamene universali si può andare dovunque nel mondo a “portare la democrazia” a suon di bombe.




Nel 1999 gli Stati Uniti e altri Paesi della Nato, fra cui l’Italia,
attaccarono la Jugoslavia violando il principio, fino ad allora mai
messo in discussione, della non ingerenza negli affari interni di
uno Stato sovrano. Ciò fu legittimato sulla base di una nuova
concezione dei rapporti internazionali e del diritto che li
regolava, secondo la quale esistevano valori etici universali,
sovrannazionali, superiori a quelli nazionali. Lo stesso è avvenuto
con la guerra all’Iraq che è stata legittimata sulla base del
principio che abbattere un tiranno e portare in un Paese la
democrazia è un valore più importante dell’intangibilità della
sovranità nazionale.

Ma se questo vale dall’esterno verso l’interno, dal sovrannazionale
al nazionale, vale anche in senso inverso, dal nazionale al
sovrannazionale. Se il nazionalismo, l’appartenenza, l’amor di
patria devono cedere davanti a principi etici più vasti, i serbi che
li condividevano avrebbero potuto – anzi dovuto – schierarsi con gli
Stati della Nato anche se stavano facendo la guerra al loro Paese.

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