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Le forze siriane stringono Aleppo

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Dove i mercenari stranieri attendono l’intervento militare imperialista che cerca giustificazione nella rinuncia di Kofi Annan 

 

Three reinforcement teams are being sent to Aleppo in order to eliminate the foreign-backed armed men and restore security to the city, our correspondent said on Friday. 

He added that Syrian security forces are still chasing insurgents in the outskirts of the capital, Damascus while there are clashes between insurgents and the Syrian army in these areas. 

The attack occurred on the same day as UN-Arab League envoy to Syria Kofi Annan announced that he decided to quit his mission due to lack of support and increasing militarization of the unrest. 

United Nations Secretary General Ban Ki-moon said in a statement that Annan did not plan to renew his mandate after its expiry on August 31. 

Syrian Foreign Ministry expressed regret over the resignation, stressing the country’s commitment to the six-point peace plan negotiated by Annan.

Meanwhile, Russian Deputy Foreign Minister Gennady Gatilov warned on Friday that Annan’s resignation paves the way for a military intervention in Syria. 

“Annan is an honest international mediator, but someone wants to push him out of the game in order to open the gates for military actions. This is obvious,” Gatilov said. 

On Friday, the UN General Assembly is set to vote on a draft resolution, backed by Arab countries, about Syria. 

Russia said it would not support the resolution because it is unbalanced and encourages insurgents to keep fighting. 

E a noi, invece, le agenzie stampa ce la raccontano così:

Circa 60 civili sono morti nelle ultime ore a Hama, nel quartiere Arbain, in bombardamenti d’artiglieria compiuti dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad. Lo riferiscono i Comitati di coordinamento locali degli attivisti di Hama, nel centro della Siria, che però hanno finora identificato 11 vittime. La tv al Arabiya parla di “66 uccisi” nel quartiere Arbain. Si tratta di informazioni per ora difficili da verificare in maniera indipendente. E’ di circa 90 persone uccise il bilancio provvisorio delle violenze in Siria oggi, fornito dai Comitati di coordinamento locali degli attivisti anti-regime. Secondo il loro dettagliato conteggio ben 66 vittime si contano solo a Hama, nel quartiere Arbain dove – affermano – “è stato compiuto un massacro” da parte dell’artiglieria governativa. Altre dieci persone sono state uccise a Idlib, nove a Damasco e sobborghi, tre a Dayr az Zor, uno rispettivamente a Homs e Daraa.

Con 133 voti a favore, 12 contrari e 31 astenuti, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che sollecita la transizione politica in Siria, condanna la repressione messa in atto dal regime di Bashar al Assad e deplora la mancanza di azione da parte del Consiglio di Sicurezza. La risoluzione deplora il fallimento del Consiglio di Sicurezza nel raggiungimento di un accordo sulle misure da adottare per assicurare il rispetto del piano di pace da parte delle autorità siriane. Tra i Paesi che hanno votato contro ci sono Russia e Cina, che hanno già bloccato per tre volte con il veto l’azione del Consiglio di Sicurezza Onu. Pollice verso anche da Nord Corea, Iran, Cuba, Venezuela e Siria. La risoluzione denuncia il crescente ricorso alle armi pesanti da parte delle autorità di Damasco, tra cui indiscriminati bombardamenti con elicotteri e carri armati nei centri abitati, e condanna fermamente le continue e diffuse violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali dei cittadini da parte del regime e delle milizie filo-governative. Oltre a condannare le violenze, indipendentemente da dove provengano, inclusi gli attacchi terroristici. Il testo chiede che tutte le parti nel Paese cessino immediatamente ogni forma di violenza, e si ribadisce il pieno sostegno all’inviato speciale di Onu e Lega Araba in Siria. Si incoraggia poi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ad adottare misure adeguate per assicurare la responsabilità di chi pone in essere violazioni contro la popolazione. Si sottolinea poi nuovamente la richiesta di una transizione politica inclusiva verso un regime democratico e pluralistico e si invitano tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a sostenere questo processo.

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