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Le iene

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Nello scontro sull’immigrazione tutto è chiaro

Non è successo granché eppure sembra che sia in atto una rivoluzione; e forse è vero. Il respingimento dei boat people sulle coste della Libia cooperante è una vera primizia che può trasformarsi in un’azione sistematica e coordinata, ed è questo che a certa gente fa paura. Gente interessata, economicamente e teologicamente, al mercato degli schiavi, gente che pontifica e la butta in caciara perché, nella caciara, si perde il senso delle cose e possono prevalere meglio gli stridii dei chiassosi. Affrontiamo, invece, il problema con la massima calma.

 

L’immigrazione e gli immigrati

 

Ci siamo sempre rifiutati di sottoscrivere quelle demagogie pornografiche che mettendo in evidenza i singoli crimini demonizzano gli immigrati. Non è vero che immigrato sia sinonimo di criminale; spesso, anzi, si tratta di uomini e donne che affrontano la vita senza i vizi borghesi del popolo dei “consumatori” e sono in condizioni di dare dei punti a molti di noi italiani defilippizzati e imbevuti di reality.

Non è sostenibile neppure la paranoia salottiera dei vari integralisti per i quali l’immigrazione sarebbe un’invasione dettata dalla guerra di religione. Essa è il frutto di un sistema di sfruttamento multinazionale che impauperisce la gran parte del pianeta, svuota le campagne ridotte, paradossalmente, alla fame, proletarizza e spinge le masse nei paesi sviluppati. I nove decimi dei migranti si riversano oramai nelle aree delle economie in via di sviluppo, specie in Asia, un decimo si getta in Europa. Una parte di questi in Italia.

 

Demenze contrapposte

 

A questo punto intervengono le demenze contrapposte. Quella della xenofobia aprioristica, tipica di quella stessa gente che non avrebbe mai fatto la Res Publica, l’Impero, i Comuni, il Risorgimento o il Fascismo perché ha paura di ogni colore e di ogni novità. Quella del buonismo accogliente tipico di chi di fatto odia la vita, la forma, l’identità, la libertà, la carnalità e il popolo e persegue una gestione della vita fondata sulla delega e sull’elemosina.

Persa nella dialettica tra psicopatie (la seconda delle quali è però, purtroppo, forte), la questione immigratoria si smarrisce. Ci si dimentica allora di fare alcune considerazioni elementari. Che sono poi semplicissime: che l’immigrazione è il frutto di scompensi che andrebbero affrontati a monte; che a valle essa getta dei disperati a combattere una guerra tra poveri la quale danneggia, e non poco, le nostre classi deboli; che c’è chi di questo dramma si arricchisce e non sono solo i negrieri ma le multinazionali e, in una misura davvero impressionante, le associazioni di accoglienza. I Migrantes della Caritas gestiscono la quasi metà dell’otto per mille offerto alla Chiesa dichiaratamente per favorire l’immigrazione.

 

Lo stereotipo dell’immigrato

 

Affrontare il problema o con la diabolizzazione dell’immigrato o – peggio – con il suo avvilimento nello stereotipo del poveretto da accudire e imboccare è assurdo; sarebbe come se due secoli fa si fosse affrontata l’industrializzazione colpevolizzando o mitizzando l’operaio. Il che alcuni hanno effettivamente fatto e ne conosciamo i risultati.

Si deve operare nei confronti di questa drammatica tendenza epocale in modo sistemico; vale a dire cooperando con i paesi di provenienza, offrendo interessanti prospettive di sviluppo in patria, vincolando buona parte dei contributi di chi lavora da noi alla realizzazione di proprietà o investimenti inalienabili nella terra d’origine, togliendo completamente i fondi alle associazioni di accoglienza e scoraggiando in tutti i modi i negrieri. Con il secondo quaderno di Polaris abbiamo abbordato più o meno tutti questi punti e sinceramente in modo soddisfacente e condivisibile da chiunque sia armato di buona volontà.

 

La teologia dell’ antinazione

 

Abbiamo anche affrontato un punto che sorprendentemente passa inosservato; ovvero la palese e totale dittatura ideologica che subiamo in materia. Si sente infatti discutere spesso se sia opportuno conferire la nazionalità agli immigrati dopo dieci o dopo cinque anni di residenza. Non si tratta qui di permessi di soggiorno, di assistenza medica e sociale che, inoltre, con l’acquisizione della nazionalità si riduce di grado così come gli altri diritti concessi agli immigrati, e neppure di diritto di voto alle amministrative, si parla di nazionalità. Come se appartenere a una Nazione fosse la stessa cosa che iscriversi a un club di bocce o sottoscrivere l’abbonamento a uno stabilimento balneare o a un teatro d’essai.

Non è un caso che il dibattito sia sfalsato e, tralasciando i diritti, si sposti distrattamente – e dandola per scontata! – su una questione di fondo. Sono le oligarchie internazionaliste tutte, clero, massoneria e comunisti, che hanno in odio la forma, l’identità, la diseguaglianza e l’equità (che sono gemelle così come l’eguaglianza lo è dell’iniquità). E sono queste oligarchie che insieme, dalle tribune della Cei o delle commissioni autoproclamate della Ue e dell’Onu, perseguono la distruzione delle nazioni, delle loro radici, delle loro memorie, delle loro culture. Una violenza inaudita e sorda, disgregatrice e intollerante, arrogante e vigliacca che si maschera dietro l’orribile ghigno del “buonismo”.

 

Il gesto e il serrate

 

Tutto questo spiega quanto accade oggi. Il governo Berlusconi IV che nell’Italia dell’interminabile dopoguerra è uno dei pochi degni di nota (gli altri: Pella, Zoli e Craxi) ha dapprima stretto accordi con la Libia e poi riconsegnati i boat people: non è solo un gesto è l’ipotetico inizio di una cooperazione in controtendenza. La popolarità del governo, in Italia ma anche in Europa, è oggi la più alta che si possa immaginare perché, per tutte le ragioni che volete, la gente chiede soluzioni di questo tipo. E di colpo il serrate. Un serrate che gli stessi partiti di sinistra, consapevoli dello stato d’animo degli elettori, si sono ben guardati dal sostenere realmente ma che ha visto insieme, ululanti, vescovi e tecnocrati dell’Unione Europea e dell’Onu. Costoro non si attendono che gli elettori presentino il conto e possono allora, nella più totale ingerenza oligarchica, lanciare crociate in difesa del sistema schiavistico.

 

Nemici

 

Non sappiamo se il governo troverà la coesione interna, la forza d’animo e i margini di manovra per proseguire in una direzione timidamente intrapresa. Sappiamo però che è bastato un gesto che dimostra che la cooperazione internazionale può intaccare il sistema di sfruttamento umano perché tutti gli oligarchi internazionalisti si coalizzassero rabbiosi e forse un tantino preoccupati. Lo hanno fatto perché sono teologicamente nemici della Nazione e della vita e perché sono proprio essi strutturalmente il sistema di sfruttamento degli uomini.

Sono iene che difendono il cibo; e le iene, si sa, si cibano di cadaveri. Vogliono tutti, nessuno escluso, la morte di quanto vive e gioisce.

Da qualche decennio in qua, insieme alle altre mistificazioni in atto, sono apparse teorie per le quali per combattere una iena se ne dovrebbe sostenere un’altra scambiandola allegramente per un pastore tedesco. Non è vero: bisogna essere popolo e Nazione e lottare per l’universalismo dei nazionalismi contro l’uniformità della globalizzazione. Non è una lotta di oggi, attraversa i secoli ed è sempre la stessa.

Il guaito delle iene di questi giorni dovrebbe esserci d’insegnamento perchè indica almeno due cose: non è vero che il peggio sia irreversibile; a difesa del peggio stanno tutti coloro che premettono l’internazionalismo alla Nazione. E senza bisogno di entrare nello specifico della religione o dell’ideologia che costoro pretendono di rappresentare e che ciascuno può accogliere, rigettare o condividere, politicamente essi non possono che essere nostri nemici: per scelta loro, non per nostra.

 

 

 

 

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