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L’Euro al tempo dell’Impero Romano

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Corsi e ricorsi. L’intervista 

Ermanno Arslan è socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei,Presidente dell’Università Popolare di Milano, Conservatore del Museo Civico di Biassono Carlo Verri di Biassono.

Professor Arslan, qual era il sistema monetario vigente all’epoca dell’instaurazione dell’Impero?
«Durante il primo decennio dell’impero, sotto Augusto, una riforma introdusse un sistema monetario fondato su monete coniate in tre metalli diversi: oro, argento e bronzo. Tra le varie monete esisteva un preciso rapporto di cambio: un denario d’argento valeva quattro sesterzi di bronzo, a sua volta servivano 25 denari per comporre un aureo. Gli aurei erano monete coniate in oro, dal peso piuttosto rilevante di 8 grammi. Le monete d’oro avevano una circolazione limitata, per lo più erano tesaurizzate» .

La circolazione delle monete variava a seconda del metallo di composizione?
«Sì, le monete d’oro costituivano il tesoro imperiale o le grandi fortune private. L’oro era coniato anche sotto forma di lingotti. Le monete d’argento erano impiegate nei pagamenti commerciali di medio livello, ad esempio la vendita all’ingrosso. Le monete di rame o bronzo costituivano la moneta usata per i pagamenti quotidiani. Il bronzo era un metallo strategico anche per usi militari» .

L’impero romano ha rappresentato una sorta di area Euro ante litteram?
«Proprio così: per 3 secoli il sistema monetario romano ha funzionato come un’unione monetaria, come la zona Euro. All’interno dell’impero la moneta era emessa e circolava liberamente; gli scambi con le aree fuori dall’impero erano praticamente nulli. Due terzi delle monete erano coniate dalla zecca di Roma. Questo sistema ha avuto la capacità di dare stabilità finché l’impero è riuscito a drenare metalli e ricchezze dall’esterno».

Quando va in crisi il sistema?
«Durante i secoli di espansione l’impero è riuscito a mantenere un pareggio interno nonostante una politica disastrosa di investimenti finanziati sostanzialmente a perdere, non attraverso l’imposizione fiscale. Quando la crescita ha rallentato e si è diffusa una certa uguaglianza tra le regioni hanno iniziato a emergere squilibri. Il sistema definito da Augusto dal 19 a.C. e sostanzialmente indipendente dall’evoluzione del potere d’acquisto dell’oro, vide interventi di abbattimento del valore intrinseco della moneta d’argento, che divenne più leggera con Nerone. Questa manovra era finalizzata a produrre liquidità e, allo stesso tempo, intaccare le rendite in oro. Un ulteriore abbassamento del valore intrinseco delle monete in argento si ebbe con Caracalla, ma il sistema mantenne una relativa stabilità dei cambi per i decenni successivi fino all’epoca dell’imperatore Valeriano».

Cosa succede a questo punto?
«Nel 260 d.C. ci fu una gravissima crisi politico militare: l’imperatore fu sconfitto e catturato dai Parti e morì in cattività. Il suo successore Gallieno affrontò infatti la crisi militare, aggravata dalle incursioni di Goti e di Alamanni, con un abbattimento vertiginoso del contenuto d’argento della moneta destinata al pagamento dei militari.
Originariamente i denari contenevano circa il 50% di argento, con Gallieno si arriva a meno del 5%. Questo fece saltare il cambio con oro e bronzo: le monete di bronzo sparirono dalla circolazione e vennero tesaurizzate: sono stati ritrovati molti ripostigli dove queste monete erano conservate. Il sistema di esazione fiscale entrò in crisi, si ebbero difficoltà anche a produrre (per mancanza di metallo) o a trasferire dalle zecche al mercato le monete in argento povero per l’insicurezza del territorio, non si ebbero più i finanziamenti per i lavori pubblici. L’impero si divise in tre parti».

Quale fu la strada per uscire dalla crisi?
«Gallieno morì combattendo a Milano. Il suo successore Claudio II ricorse a una vera e propria dittatura militare per ristabilire il controllo sull’impero senza curarsi della crisi monetaria. Con Diocleziano le residue “libertà” repubblicane vennero cancellate e l’impero, nuovamente mercato comune di una moneta prodotta sempre uguale in una molteplicità di zecche distribuite sul territorio, con la scomparsa della moneta locale in bronzo, ritornò ad essere il colosso monolitico dei primi secoli. L’uscita dalla crisi monetaria fu lentissima, parallelamente ad una trasformazione radicale di tutta la società romana, nella quale avanzava il cristianesimo. Poco per volta si ristabilì la circolazione trimetallica, ma solo con Costantino si ebbe nuovamente la stabilità dei cambi e una sicura garanzia imperiale sul peso e sul tasso di fino della moneta in oro, il solido, emesso dall’imperatore direttamente per delega divina».

Quando viene a cessare l’unione monetaria romana?
«Nel sesto secolo dopo Cristo si creano mercati differenziati nei vari regni romano barbarici e vengono chiuse le frontiere. Alcuni territori rimangono legati a Bisanzio, altri no.

 

Viene a crearsi una doppia circolazione tra le monete bizantine e le monete locali, solitamente coniate con una percentuale di metallo inferiore a quanto dichiarato per le monete fiduciarie bizantine».

 

E’ possibile tracciare un parallelismo tra le difficoltà dell’unione monetaria romana e l’area Euro durante la crisi attuale?

 

«Il parallelo esiste ed è chiarissimo, a partire dai tentativi per porre rimedio alle crisi come l’utilizzo di strumenti di aumento della liquidità che possono sfuggire di mano. All’epoca si diminuiva il valore intrinseco delle monete, una sorta di imbroglio, oggi si agisce comunque sulla liquidità. Ricordiamoci che la moneta fiduciaria di oggi nasce da una modifica del concetto storico di valore intrinseco: il valore intrinseco della moneta di oggi si basa su tutto, dalla fiducia alla stabilità del paese emittente, alla sua forza industriale, addirittura le prospettive future della sua economia.

 

Con tutte queste condizioni, è difficile controllare i processi di svalutazione o eccessiva rivalutazione di una moneta. La moneta non si crea dal nulla».

 

Quali sono le prospettive per l’Unione Europea?

 

«Le dinamiche sono le stesse dell’epoca romana. Addirittura con l’oro recentemente si sono viste speculazioni assolutamente identiche a quelle verificatesi secoli fa. Il problema è che si perde la memoria e la tentazione è quella di risolvere i problemi per decreto.

 

Diocleziano, con poteri inimmaginabili per qualunque governo contemporaneo, ha cercato di introdurre un calmiere senza riuscirci. La tentazione rimane comunque quella di affrontare la crisi rivolgendosi a un uomo della provvidenza. Un altro indicatore preoccupante è il tempo necessario all’impero romano per superare la crisi monetaria: 40-50 anni, un tempo davvero lungo».

 

 

 

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