Nel giorno in cui le autorità di Pristina hanno assunto il controllo dei due posti di frontiera con la Serbia a Jarinje e Brnjak, nel Nord del Kosovo, la popolazione serba, in segno di protesta, ha praticamente bloccato l’intera regione, istituendo blocchi stradali ed elevando barricate.
Le principali vie di comunicazione che collegano i maggiori centri abitati nel Nord sono state interrotte dai numerosi blocchi attuati dai serbi con camion, trattori, auto e altro materiale pesante. Raduni di protesta sono sbocciati ovunque nel Nord, dove sin dalla notte fra 15 e 16 settembre sono state erette barricate con carichi di ghiaia e pietre, travi e transenne (le tensioni coinvolgono anche le reginette di bellezza: leggi).
Raduni di protesta sono stati segnalati anche a poca distanza dalle due postazioni di dogana, dove, a bordo di elicotteri, sono giunti i poliziotti e i doganieri kosovari, affiancati da agenti di Eulex, la missione europea in Kosovo.
La popolazione serba, maggioritaria al Nord, non accetta la sovranità di Pristina e continua a restare fedele e a rispondere a Belgrado, che mantiene nella regione strutture di governo parallele a quelle kosovare, sopratutto in campo sanitario, dell’istruzione e delle telecomunicazioni.
A COLPI DI EMBARGO SULLE MERCI. Il governo di Pristina è intenzionato invece a imporre la sua autorità anche al Nord del Paese, e in quest’ottica va vista la decisione di prendere il controllo dei due posti di frontiera a Jarinje e Brnjak, dove secondo Pristina non veniva fatto rispettare un embargo sui prodotti serbi, misura questa analoga a un embargo attuato da Belgrado sulle merci kosovare.
Anche il ministro serbo per le questioni del Kosovo, Goran Bogdanovic, si è unito ai dimostranti e ha trascorso la notte con loro a un posto di blocco presso Jarinje.
SCUOLE E FABBRICHE CHIUSE NELLA ZONA SERBA. Il ponte sul fiume Ibar che divide in due Kosovska Mitrovica è sempre chiuso per i blocchi attuati dai serbi nel settore Nord, quella abitata dai serbi, dove oggi praticamente nessuno è andato a lavorare.
Quattro mezzi del contingente polacco della Kfor sono rimasti anch’essi bloccati al loro ritorno alla base militare e sono stati costretti a percorrere strade alternative. In tutto il Nord del Kosovo è venuta così a mancare la benzina, per le difficoltà di rifornimento dalla Serbia.
A Kosovska Mitrovica e nel resto del Nord, gli studenti non si sono recati a scuola, ma hanno tenuto le lezioni davanti alle chiese. Il 15 settembre il Patriarca serbo ortodosso, Irinej, a sua volta nel Nord del Kosovo, aveva invitato la popolazione a pregare per tre giorni per la pace nella regione.
NAZIONALISTI RADUNATI AI CONFINI. Secondo l’emittente belgradese B92, un gruppo di giovani nazionalisti serbi si è radunato, in territorio serbo, davanti al valico di Jarinje, cantando motivi patriottici. A loro si è unita una delegazione del Partito radicale serbo (Srs), la formazione guidata dall’ultranazionalista Vojislav Seselj attualmente sotto processo al Tribunale penale dell’Aja (Tpi).
I Serbi superstiti in Kosovo, quelli che non sono stati ancora massacrati, quelli a cui i padrini democratici della droga kosovara non hanno strappato gli organi per venderli sul mercato, li lasceremo scannare fino all’ultimo.
E attaccheremo Assad.