Home Glob Lo Stato non avrà futuro

Lo Stato non avrà futuro

0


Parola di Rosa Klebb

 

Detta anche fica secca da chi non ricorda bene 007 dalla Russia con amore

Un tempo, ancora più del sogno del proverbiale “posto in banca” era quello del “posto pubblico” ad alimentare le speranze di un gran numero di persone, attirate dalla stabilità dell’occupazione. Se già in questi ultimi anni si è visto il sogno assumere sempre più i contorni del miraggio, oggi il ministro Elsa Fornero, intervenuta al premio Optime per i migliori laureati dell’Unione Industriale di Torino, ha allontanato ancora di più quest’aspirazione da chi ancora la coltiva. ”Non è dal settore pubblico che si può pensare di avere lavori futuri”, ha dichiarato infatti il ministro “perché il pubblico restringerà l’area di occupazione”.
Certo non è una novità, dal momento che secondo i dati ISTAT l’occupazione nella Pubblica Amministrazione è diminuita costantemente nell’ultimo ventennio. La percentuale di lavoratori pubblici rispetto al totale degli occupati italiani è infatti passata dal 16,2% del 1990 al 14,4% del 2008 (anche se, rileva la Corte dei Conti, non sempre le esternalizzazioni dei servizi come la creazione di società partecipate rientrano in questi dati, come invece dovrebbero). Delle varie aree della Pubblica Amministrazione è ovviamente lo Stato ad impiegare il maggior numero di persone (56,1% dei lavoratori pubblici nel 2008), seguito dagli enti locali sanitari (19,2%), Regioni, Province e Comuni (17,2%) e altri enti (7,5%). Insomma la riduzione del pubblico è un processo di lungo periodo, in linea con le politiche economiche liberiste che hanno guidato per lo più l’operato dei governi occidentali, di destra e di sinistra, dagli anni ’90 ad oggi.
Naturalmente, resta il problema della produttività della pubblica amministrazione italiana, rilevato anche dalla Corte dei Conti nella relazione 2012 sul costo del lavoro pubblico, che però indica anche responsabilità nel blocco della crescita delle retribuzioni complessive e della contrattazione collettiva nazionale che avrebbe comportato il rinvio dell’introduzione di norme per la valutazione del merito individuale e impedito l’introduzione del nuovo modello di relazioni sindacali delineato nell’intesa del 30 aprile 2009. Ulteriore responsabilità sarebbe poi da attribuire ai continui tagli lineari che hanno colpito il settore pubblico, impedendo agli enti di riorganizzarsi e ai lavoratori di acquisire competenze e professionalità in modo continuo. Riduzione del personale che non è stata accompagnata da un’adeguata mobilità tra diversi enti e comparti, in modo da raggiungere una maggiore efficienza.
E, a proposito di merito, il ministro del Lavoro Fornero è poi tornata a difendere la propria riforma, soprattutto per aver tentato di stabilizzare i contratti in entrata. ”Il precariato non fa bene al merito, alla produttività e all’innovazione che sono il segreto della crescita”, ha infatti dichiarato il ministro ”uno che lavora di tre mesi in tre mesi non appartiene all’impresa. Dieci, quindici anni di precariato non fanno bene”.

Nessun commento

Exit mobile version