Si complica la situazione della Siria a seguito del nuovo, gravissimo, attentato che ha insanguinato le strade di Damasco ieri. A causa di un attentato suicida infatti hanno trovato la morte ben 26 persone, mentre altre 63 sono rimaste ferite. Il governo di Bashar al-Assad, nell’occhio del ciclone per via della repressione con cui avrebbe colpito i dissidenti, ha voluto esprimere tutta la propria rabbia nei confronti di quello che stato definito un “atto odioso” anche dell’Onu. Il ministro siriano degli Interni, Ibrahim al-Shaar, parlando alla tv di Stato ha promesso misure draconiane per vendicare i terribili attentati delle ultime settimane: “Colpiremo con il pugno di ferro contro chiunque minacci la sicurezza del Paese e dei suoi cittadini”. Il ministro ha poi aggiunto che 15 delle 26 vittime non sarebbero ancora state identificate per via dello strazio dei loro corpi.
Di fronte alle immagini di lutto e devastazione le accuse lanciate dall’opposizione siriana ad Assad di aver preparato tutto a tavolino sembrano essere quantomeno sterili. All’interno dello schieramento antigovernativo infatti si sarebbero infiltrati in tempi non sospetti anche consistenti contingenti di terroristi islamici, pronti a colpire contro Damasco per cercare di imporsi nella regione. Intanto, il segretario generale dell’Onu Ban Ki moon ha espresso “grave preoccupazione” riguardo il deterioramento della situazione in Siria: “Tutta la violenza è inaccettabile e deve cessare”.
Martedì prossimo la questione siriana sarà nuovamente all’ordine del giorno, ma gli Stati Uniti non sarebbero ottimisti sulla possibilità di una risoluzione che condanni la presunta repressione di Damasco contro i manifestanti. Cina e Russia hanno finora minacciato di opporre il veto, anche se in dicembre l’Assemblea Generale aveva approvato a stragrande maggioranza una risoluzione che condannava le violenze. “Ritengo che che si tratterà solo della prossima tappa delle trattative; non credo che ci si aspetti di concludere martedì”, ha detto la portavoce del dipartimento di Stato americano, Victoria Nuland, parlando della prossima riunione del Consiglio.