Che schifo chi ci va!
Una collina, un binocolo e del fumo dall’altra parte. “Oh my God” esclama qualcuno “è tutto distrutto”.
E’ un tour organizzato. Ma dove? E quel fumo cosa è? Lo svela la giornalista di Cuatro TV Espana, Lara Escudero, che mostra alle sue spalle Gaza.
Il turismo “esperenziale”, quello di guerra a Gaza, descritto nel reportage del 5 gennaio 2025, evidenzia un fenomeno inquietante: le colline vicino alla Striscia di Gaza sono diventate un’attrazione per decine di persone che, ogni giorno, si radunano in punti strategici per osservare i bombardamenti israeliani con binocoli, come se fosse uno “spettacolo prismatico”. Il reportage, intitolato “Turismo de guerra: cuando las bombas en Gaza se convierten en espectáculo a través del prismático”, mostra come i fronti di guerra in Israele si siano trasformati in una sorta di macabro turismo.
I visitatori, spesso seduti su divani posizionati in prima linea, esprimono sentimenti di vendetta, protezione o ammirazione per l’esercito israeliano, considerato “il più forte del mondo”. Alcuni offrono regali ai soldati attraverso le recinzioni, come descritto da una donna intervistata, che si sente “sicura” osservando le manovre militari.
Il fenomeno si estende anche al confine con la Siria, dove l’interesse è cresciuto dopo la caduta del regime di Al-Assad e l’installazione di basi militari israeliane nelle Alture del Golan, in violazione delle risoluzioni internazionali. Qui, i visitatori osservano le operazioni militari con un mix di curiosità e sostegno patriottico.
Una collina, un binocolo e del fumo dall’altra parte. “Oh my God” esclama qualcuno “è tutto distrutto”.
E’ un tour organizzato. Ma dove? E quel fumo cosa è? Lo svela la giornalista di Cuatro TV Espana, Lara Escudero, che mostra alle sue spalle Gaza.
Il turismo “esperenziale”, quello di guerra a Gaza, descritto nel reportage del 5 gennaio 2025, evidenzia un fenomeno inquietante: le colline vicino alla Striscia di Gaza sono diventate un’attrazione per decine di persone che, ogni giorno, si radunano in punti strategici per osservare i bombardamenti israeliani con binocoli, come se fosse uno “spettacolo prismatico”. Il reportage, intitolato “Turismo de guerra: cuando las bombas en Gaza se convierten en espectáculo a través del prismático”, mostra come i fronti di guerra in Israele si siano trasformati in una sorta di macabro turismo.
I visitatori, spesso seduti su divani posizionati in prima linea, esprimono sentimenti di vendetta, protezione o ammirazione per l’esercito israeliano, considerato “il più forte del mondo”. Alcuni offrono regali ai soldati attraverso le recinzioni, come descritto da una donna intervistata, che si sente “sicura” osservando le manovre militari.
Il fenomeno si estende anche al confine con la Siria, dove l’interesse è cresciuto dopo la caduta del regime di Al-Assad e l’installazione di basi militari israeliane nelle Alture del Golan, in violazione delle risoluzioni internazionali. Qui, i visitatori osservano le operazioni militari con un mix di curiosità e sostegno patriottico.
Un fenomeno controverso che si è sviluppato nell’area nota come “Gaza Envelope”, la zona israeliana entro 10 km dal confine con la Striscia. Qui, dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, agenzie come Abraham Tours hanno ripreso a organizzare visite guidate, inizialmente per turisti interni e poi per visitatori internazionali, prevalentemente ebrei della diaspora. Questi tour, come il “Gaza Envelope: storie di resilienza e speranza”, costano circa 150 euro a persona e si concentrano sui luoghi colpiti, raccontando le conseguenze degli attacchi sulle comunità locali, senza enfatizzare gli aspetti più cruenti. L’obiettivo, secondo Roatem, manager dell’agenzia, è mostrare la complessità della realtà israeliana, valorizzando la resistenza delle famiglie e il loro ritorno alla vita quotidiana, nonostante le perdite.
Il fenomeno, cresciuto in modo silenzioso, sta suscitando aspre critiche. Su piattaforme come X, utenti denunciano questi tour come “morofilia”, un’attrazione morbosa per la sofferenza altrui, con pacchetti che includono visite ai siti del massacro del 7 ottobre, come il Nova Festival o il “cimitero delle auto”. Alcuni tour, promossi anche da piattaforme come TripAdvisor, prevedono esperienze al confine per osservare in tempo reale le operazioni militari israeliane, con costi che arrivano fino a 800 dollari. E’ la banalizzazione dell’orrore e di sfruttamento commerciale del dolore.
A Gaza, intanto, la guerra ha devastato il 70% dei siti culturali, come la Grande Moschea di Omari, riducendo la Striscia a un cumulo di macerie, oltre ad aver ucciso più di 60 mila persone ( senza contare quelle disperse sotto i crolli), la maggior parte donne e bambini. La popolazione vive in condizioni disumane, senza accesso ad acqua, cibo o cure mediche adeguate, come testimoniato da tutte le organizzazioni umanitarie, 55 delle quali hanno chiesto più volte di far di nuovo entrare aiuti nella Striscia, dove da 60 giorni non entra più nulla. Il contrasto tra la sofferenza dei gazawi e il turismo di guerra evidenzia una profonda frattura etica. Il contrasto tra le agenzie che sotto le mentite spoglie di costruire “ponti tra comunità” rappresentano una normalizzazione della violenza, lontana dalla ricerca di pace.
Proprio mentre il capo dei soccorsi delle Nazioni Unite, Tom Fletcher, ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di intervenire “per prevenire il genocidio” a Gaza.