Home Tempi Moderni Ma a parti invertite sarebbe successo lo stesso?

Ma a parti invertite sarebbe successo lo stesso?

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Cassazione sull’io (patria) famiglia

 

“Due cuori e una capanna” è la celebre formula che da sempre sintetizza l’unione coniugale sublimandola nel romanticismo. Ebbene, la “capanna” resta tale per entrambi gli interessati anche quando i cuori sono infranti e il romanticismo è ormai andato a farsi benedire. Lo ha stabilito la Quinta sezione penale della Cassazione, mettendo bene in chiaro un principio: cacciare di casa il coniuge è reato.
La Suprema Corte ha emesso il suo inappellabile verdetto confermando la condanna inflitta dalla Corte d’appello di Palermo a un cinquantunenne, ritenuto responsabile di violenza privata, lesioni personali, danneggiamento e ingiuria ai danni della moglie. Il reato di violenza privata gli è stato contestato proprio per aver mandato via di casa la donna.
La linea difensiva dell’imputato puntava a evidenziare una situazione di fatto: la consorte non era stata cacciata, ma era tornata a vivere dai suoi genitori, per cui la casa familiare era “in uso” soltanto al marito, pur non essendovi “provvedimenti di assegnazione” dell’abitazione stabiliti dal giudice.
Linea difensiva che non ha fatto breccia nella Suprema Corte che, con la sentenza n.40383 depositata oggi, ha rigettato il ricorso dell’imputato sottolineando che “la donna, anche se temporaneamente trasferitasi presso i genitori, aveva il diritto di tornare, né il marito poteva escluderla dalla casa coniugale”.

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