Gli iraniani ci provano ancora a fare affari sulla scia atlantista
La Libia diffidi dei paesi occidentali che vogliono sabotare la sua rivoluzione. Questo il messaggio rivolto al popolo libico dalla guida suprema iraniana, che ha aperto una conferenza di due giorni, a Teheran, sulle rivolte in Nord Africa e Medio Oriente. Movimenti che l’Ayatollah Ali Khamenei ha ribattezzato risveglio islamico, anziché primavera araba.
“Non vi fidate dell’America, della Nato e dei regimi criminali come Gran Bretagna, Francia e Italia, che in passato si spartivano le vostre terre per depredarne le ricchezze – ha detto Khamenei – Siate sospettosi e diffidate dei loro sorrisi, dietro ai quali si celano cospirazioni e tradimenti”.
La guida suprema ha invitato tunisini, libici ed egiziani a seguire i principi coranici nello scrivere i nuovi ordinamenti dei loro stati. E ha affermato che uno dei fili conduttori delle varie rivoluzioni sia la volontà di opporsi a Israele.
Ufficialmente l’Iran ha sostenuto tutte le rivolte scoppiate dall’inizio dell’anno, tranne quella in Siria, dal momento che Bashar Al Assad è considerato un alleato.
Come in Iraq così in Libia. Alleati di fatto (eccome!) dei rivali atlantici da cui si distinguono propagandisticamente ma non nell’operato destabilizzante, gli iraniani guadagnano regolarmente spazi a scapito della causa araba.
E mascherano la loro politica dietro slogan mangia-ebrei che non corrispondono alla politica svolta in buona parte dello scacchiere.
Però non hanno realizzato ancora che la nuova intesa turco-egiziana, con il relativo sostegno di Ankara agli stessi agitatori che operano in Siria, rischia di mettere Teheran in rotta di collisione con la potenza anatolica. Il che, se accadesse, scaturirebbe in un capolavoro israeliano e renderebbe Tel Aviv padrona incontrastata della regione.
Sarebbe ora che a Teheran aprissero gli occhi e la smettessero di fare politica piranha.