Religione, democrazia, rabbia e internet fanno miscela
Da giorni si susseguono in Egitto le manifestazioni contro il regime trentennale di Hosni Mubarak.
Il Presidente egiziano è stato un pilastro della politica americana nell’area medio orientale, miscelando a livello interno,il consenso , basato perlopiù su un capillare sistema di corruttela, e mano pesante contro gli oppositori.
Nei commentatori occidentali, dopo un’iniziale “simpatia” verso le rivoluzioni in Tunisia ed in Egitto, che già qualcuno vedeva come emulazioni delle “operazioni colorate” avvenute nei Paesi dell’est e che servivano in funzione anti-russa, adesso si nota qualche filo di malcelata preoccupazione.
Questo avviene ritengo per due motivi di fondo.
Il primo è che aldilà della propaganda atlantista occidentale, ci si rende conto che nei Paesi rivieraschi del Mediterraneo, ed in particolare in Egitto, il fronte dell’opposizione popolare è molto composito, ed al suo interno, è particolarmente rilevante l’opposizione di matrice islamica , che seppure molto diversa da quella sciita iraniana, non garantisce di certo la stessa stabilità di cui Usa ed Israele hanno bisogno nell’area.
Certo, per ora il capo dell’opposizione è il “laico” e “moderato” El Baradei, ma anche nel 1979 all’inizio della Rivoluzione in Iran , i promotori erano il Tudeh, il Partito Comunista filosovietico e la borghesia dei bazar. Poi cambio’ il direttore d’orchestra e lo spartito passo’ in mano agli ayatollah.
Se rispondesse al vero, il fatto che Israele spera nella tenuta di Mubarak e che l’Unione Europea è profondamente spaccata sull’opportunità o meno di appoggiare i moti popolari egiziani, allora gli atlantisti si trovano di fronte al classico dilemma se appoggiare Kerensky, sperando che non arrivi un Lenin.
L’Europa a quel punto, avrebbe un grande problema da risolvere con la sponda del Mediterraneo 😮 sganciarsi dal “protettorato” americano e israeliano e stabilire proficui rapporti politici ed economici con quei Paesi, anche in presenza di un mutamento di regime,oppure perdere altre posizioni geopolitiche.
L’altro motivo di fondo che alimenta l’inquietudine di politici e media in Europa è che molte , non tutte ovviamente, delle motivazioni che hanno spinto migliaia di persone a scendere in piazza in Egitto e Tunisia , non sono la rivendicazione di maggior “democrazia”, come qualche sventurato opinionista vuol farci credere, ma sono il carovita, la disoccupazione, e la netta sensazione che l’oligarchia di comando sia intrisa di corruzione e bloccata nel suo ricambio.
Beh, a pensarci bene e sicuramente qualcuno in Europa , nella stessa classe politica deve averci fatto una riflessione, queste motivazioni, in Paesi come l’Egitto che non sono affatto arretrati, sono le medesime che si ritrovano in molti Paesi europei, Italia in testa e quindi qualche brivido lungo la schiena di qualcuno corre….
Per carità, le differenze sociali, culturali, politiche con i paesi del Mediterraneo sono molte:non esiste in Europa un forte movimento religioso di mobilitazione delle masse, ma ..c’è sempre un ma….il carovita, la disoccupazione e la percezione di assenza di futuro esistono anche aldiqua del Mediterraneo e , come dice sempre l’opinionista “innamorato” di Internet , i moti si estendono con un click .