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Navigare Necesse

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Così aprì il venti

Per l’anno nuovo, noi prendiamo, quale parola d’ordine, il motto che prima di essere dell’anseatica Brema, fu di Roma imperiale: navigare necesse.  Navigare non soltanto per i mari e per gli oceani. Che l’Italia di domani debba navigare va diventando verità acquisita alla coscienza italiana: non la croce vorremmo vedere sullo stemma nazionale, ma un’ancora o una vela. È assurdo non gettarsi sulle vie del mare, quando il mare ci circonda da tre parti. Ci sono anche in questo campo dei “frigidi pessimisti” dall’anima perdutamente e irrimediabilmente libresca, che sollevano delle obiezioni e dei dubbi: poveri di spirito che saranno sorpassati dalla realtà dei fatti. Ma per noi “navigare” significa battagliare. Contro gli altri, contro noi stessi. La nostra battaglia è più ingrata ma è più bella, perché ci impone di contare soltanto sulle nostre forze.
Noi abbiamo stracciato tutte le verità rivelate, abbiamo sputato su tutti i dogmi, respinto tutti i paradisi, schernito tutti i ciarlatani – bianchi, rossi, neri – che mettono in commercio le droghe miracolose per dare la “felicità” al genere umano. Non crediamo ai programmi, agli schemi, ai santi, agli apostoli; non crediamo soprattutto alla felicità, alla salvazione, alla terra promessa. Non crediamo a una soluzione unica – sia essa di specie economica o politica o morale – a una soluzione lineare dei problemi della vita, perché – o illustri cantastorie di tutte le sacrestie – la vita non è lineare e non ridurrete mai a un segmento chiuso fra bisogni primordiali. Ritorniamo all’individuo. Appoggeremo tutto ciò che esalta, amplifica l’individuo, gli dà maggiore libertà, maggiore benessere, maggior latitudine di vita; combatteremo tutto ciò che deprime, mortifica l’individuo.
Due religioni si contendono oggi il dominio degli spiriti e del mondo: la nera e la rossa. Da due Vaticani partono, oggi, le encicliche: da quello di Roma e da quello di Mosca. Noi siamo gli eretici di queste due religioni. Noi, soli, immuni dal contagio. L’esito di questa battaglia è, per noi, d’ordine secondario. Per noi il combattimento ha il premio in sé, anche se non sia coronato dalla vittoria.
Il mondo d’oggi ha strane analogie con quello di Giuliano l’Apostata. Il “Galileo dalle rosse chiome” vincerà ancora una volta? O vincerà il Galileo mongolo del Kremlino? Riuscirà ad attuarsi il “capovolgimento” di tutti i valori, così come avvenne nel crepuscolo di Roma?
Gli interrogativi pesano sullo spirito inquieto dei contemporanei.
Ma, intanto, navigare necesse. Anche contro corrente. Anche contro il gregge.
Anche se il naufragio attende i portatori solitari e orgogliosi della nostra eresia.

Da Il popolo d’Italia del 1 gennaio 1920

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