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No schiavi; no money

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L’Osservatore Romano, temendo la perdita di fondi per la Caritas, pontifica e delira

 

Un duro atto d’accusa verso il razzismo degli italiani è venuto  dall’Osservatore romano dopo i fatti di Rosarno. Nell’articolo si compie un rapido excursus storico sulle radici del razzismo nei primi decenni dell’unità d’Italia, per poi concludere: ”Nel 2010, invece, siamo ancora all’odio. Ora muto, ora scandito e ritmato dagli sfottò, ora fattosi gesto concreto”. Nel lungo servizio dal titolo ‘Gli italiani e il razzismo, Tammurriata nera’ e firmato da Giulia Galeotti, si legge: ”Oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all’odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato”.
”Per una volta – prosegue il testo – la stampa non enfatizza: un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi. Non abbiamo mai brillato per apertura, noi italiani dal Nord in giù. Né siamo stati capaci di riscattarci, quando il ‘diverso’ s’è fatto più vicino, nel mulatto, a prescindere dalle diversissime cause per cui ciò è avvenuto”. ”Sia stato il risultato di un atto d’amore o, invece, di uno stupro – si legge sul giornale del Vaticano – ben difficilmente abbiamo considerato quel bambino come nostro, al pari dei nostri. Anzi, la doppia appartenenza è sembrata (e continua a sembrare) una minaccia ulteriore”. ”In questo – rileva l’Osservatore – davvero a nulla è servito l’esempio americano: l’Obama-mania che imperversa trasversalmente, dalla politica all’arte, dallo stile al linguaggio, non ha invece fatto breccia alcuna nel dimostrare il valore dell’incontro tra razze diverse”. Il testo del quotidiano della Santa Sede viene pubblicato dopo che il Papa domenica ha chiesto rispetto per gli immigrati e che il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, aveva parlato delle drammatiche condizioni di vita in cui si trovavano gli immigrati nell’area di Rosarno.
Rischiano di perdere fiumi di soldi e bisogna capirli. Ma che ci tocca sentire, e dalle colonne di un giornale di uno Stato straniero per giunta: il modello americano!
Ovvero quello nato sul genocidio dei pellerossa, costruito sul mercato di schiavi, affermatosi sull’olocausto nucleare. Quello dei ghetti razzisti contrapposti, della segregazione razziale anche in prigione. Quello che ha abolito le leggi razziali solo nel 1964.
Ci sono ancora due paesi, la Liberia e Israele, che le hanno ancora in vingore: saranno i prossimi modelli buonisti dei saggi preti?

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