Home Alterview No global all’incasso. Hasta sempre el dinero. E che sia americano.

No global all’incasso. Hasta sempre el dinero. E che sia americano.

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Greenpeace finanziata con fondi biotecnologici, Naomi Klein che arraffa a destra e manca.
Un nuovo capitolo all’interno della storia dei sovvenzionamenti agli esponenti no-global.
Ormai senza più sorprese per la verità.

Proletari di tuto il mondo, comprate Manu Chao, colonna sonora per eccellenza degli anticapitalisti che però è stato per anni nella “scuderia” della Virgin di Richard Branson, una casa discografica simbolo del “pensiero unico” e della globalizzazione omologante nella musica. Così come Naomi Klein – si quella del librono logo” – che si è fatta organizzare le presentazioni in Francia (dove la gauche au caviar , da Sartre ieri che esaltava i tanto pacifisti compagni sovietici, a Danielle Mitterand oggi, che idolatra il subcomandante Marcos, è sempre una potenza) dalla FNAC, che non solo è una multinazionale ma ultimamente sta cancellando le piccole librerie tradizionali nelle città dove spadroneggia. E che dire di Grenpeace che viene finanziata da “Wallace Global Fund e Wallace Genetic”? Per la cronaca fanno profitti con le biotecnologie contro cui – apparentemente? – Greenpeace si batte. E non poteva mancare il simbolo per eccellenza della globalizzazione turbocapitalistica: la Coca Cola che si dà alle …opere di bene (!) elargendo fondi al “Movimento vocazionale Ginepro Serra”. Ma il massimo, va detto con ammirazione, lo raggiunge la “Ruckus Society” di Mick Roselle – un pilastro del popolo di Seattle – che addestra i sovversivi con corsi intensivi di contrasto alle misure di polizia, disobbedienza civile e, non meglio specificate, altre “azioni dirette”, riesce in un solo colpo a prendere soldi da Ted Turner (il boss della CNN ovvero il logo multimediale della globalizzazione più spinta), da Ford, Chrysler, Union carbide, Chase Manhattan Bank (quella dei Rockefeller), Chevron, Hoffman-La Roche, Procter & Gamble, Hewlett & Packard. In modo più casalingo i nostri rivoluzionari – peraltro molto salottieri – aspirano a diventare “parastatali” come Agnoletto “esperto” ai tempi dell’esecutivo ulivista nel centro del Ministero per la Solidarietà Sociale, mentre il Genoa Social Forum, di cui è portavoce, si è beccato alcuni miliardi da Governo e Regioni per ospitare i contestatori in alberghi e scuole, per avere in dotazione computer, linee telefoniche e collegamenti internet, impianti di amplificazione e parecchio altro.

Qualcuno – fra i pochi che si chiedono il perché di tali “incomprensibili” rapporti tra le organizzazioni della finanza internazionale e quelle della contestazione altrettanto mondiale – tira in ballo Lenin e la sua famosa e sprezzante frase “I capitalisti ci venderanno anche la corda con cui impiccarli”. E se il fine fosse molto più complesso, articolato: se chi – multinazionali, oligarchie tecno-burocratiche – indirizza e guida questo modello di globalizzazione (che non è detto debba esser l’unico possibile), stia “creando”, come in un laboratorio, un’opposizione che gli faccia comodo? Che in realtà non disturba più di tanto i manovratori? E magari mantiene i paesi che vogliono sul serio progredire, in situazione di inferiorità?

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