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Giù le mani dal Venezuela

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Mentre gli organi di stampa occidentali ignorano come sempre tutto ciò che accade in America Latina, il Venezuela sta conoscendo una nuova e autentica stagione rivoluzionaria.

Il presidente Chavez sta infatti mettendo mano sempre più decisamente all’architettura oligarchica di una nazione (egli ha infatti definito il 2004 <<l’anno del consolidamento della rivoluzione>>), quella venezuelana, per oltre 50 anni soffocata dal mortale abbraccio tra l’alta borghesia industrial-finanziaria-sindacale e i padri-padroni di Washington.


L’ascesa dell’ex comandante dei paracadutisti ha conosciuto finora un cammino particolare e tormentato.


Le elezioni del 1998 furono vinte a sorpresa, grazie alla sua popolarità di ufficiale raggiunta sei anni prima, quando egli aveva tentato un colpo di stato per protestare contro la repressione militare del 1989; Chavez si era allora rifiutato di partecipare alla carneficina di un popolo disarmato (si calcola che i morti furono tra i 2000 e i 3.000), reo solo di manifestare contro un sistema politico che arricchiva i soliti noti malgrado le cospicue materie prime contenute nel sottosuolo venezuelano.


In un primo momento il suo programma di stampo “bolivariano” non andò oltre il capitalismo e persino un determinato settore dell’oligarchia pensò di poterlo utilizzare per riportare ordine nel paese.


Ma Chavez iniziò subito ad applicare le riforme promesse e in particolare:


1) Una Costituzione democratica molto avanzata, elaborata mediante assemblee popolari e referendum (Assemblea costituente);


2) 49 nuove leggi nel solo 2001, delle quali tre molto importanti: quella sulla pesca, a difesa dei piccoli pescatori contro le multinazionali del settore; quella sulla terra, volta a distribuire ai contadini le proprietà con più di 5000 ettari lasciate incolte; quella sugli idrocarburi, la più importante.


Quest’ultima stabilì il principio che le risorse petrolifere appartengono alla Nazione e non possono essere privatizzate; l’industria petrolifera, già nazionalizzata nel 1976, era però finita nelle mani di un’enorme burocrazia, così potente da controllare i vari governi e talmente oligarchica da destinare l’80% delle risorse alle spese di funzionamento e solo il 20% allo Stato. Peraltro, poco prima dell’ascesa di Chavez, era già pronto un piano destinato a privatizzare l’industria petrolifera dopo averla smembrata in varie parti, assecondando il desiderio delle multinazionali di Washington (ricordiamo che il Venezuela è il terzo esportatore mondiale di petrolio verso gli Stati Uniti d’America).


La “reazione” non si fece attendere e il tentato golpe dell’aprile 2002 venne immediatamente riconosciuto da Stati Uniti e Spagna che, seguendo il modello

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