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Non solo stile

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Bisogna recuperare anche il senso 

Non è solo questione di stile.
Che, certamente è la cosa più importante da recuperare, e faremo in modo che sia così.
E’ anche questione di testa e di carattere.
L’una e l’altro nell’ambito nazionalrivoluzionario sono divenuti rari, la bussola si è smarrita.
Dobbiamo rifondare anche lì.
Ripartendo dai fondamentali. Che sono sì lo stile e sì una razza dello spirito, due premesse un po’ troppo neglette ultimamente, ma anche una forma mentis.
Cos’è?
Cos’è, mentalmente, il fascismo, oltre ad essere vitalismo virile? E’ Sintesi. Ovvero non è Tesi o Antitesi (quindi chiunque parli di Antagonismo è già fuori strada) ma è il loro superamento.
E’ rottura degli schemi dialettici verso una soluzione che metafisicamente li precede e li racchiude neutralizzandoli.
Non è Reazione, ma include molti elementi reazionari che vi vengono trasfigurati, non è Sovvertimento, ma include molti elementi insurrezionalisti ed iconoclasti che vi vengono riordinati. E’ la loro Sintesi in Rivoluzione. Non è un caso se le Rivoluzioni Nazionali ebbero quasi esclusivamente delle dirigenze a formazione marxista o progressista approdate ad una cultura di matrice reazionaria.
I due poli della Sintesi, quello destro reazionario e quello sinistro sovvertitore, trovano significato nella loro soluzione. In mancanza della quale si precipita attratti verso l’uno o ‘altro polo che non rappresentano nulla di valido e nulla di fascista.
Non c’è due senza tre
Il numero conta. Il due (Tesi/Antitesi) è il numero della stabilità, dell’ordine costituito che si riproduce. Il tre (Sintesi) spariglia e rivoluziona.
Il sistema globale, come quello informatico, si perde nel dualismo e nel linguaggio binario.
Inventa falsi antagonismi oppure li esalta fino a mistificarli.
Lo “scontro di civiltà” è paradigmatico. Chiunque ci caschi opera per il Grande Fratello, sia che esalti gli  djihadisti sia che predichi la reazione religiosa in Occidente.
Stesso dicasi per l’antagonismo est/ovest. Che in questa mistificazione si stia con Putin o con Obama non cambia assolutamente nulla all’atto pratico.
Certo, finché si resta nell’ambito del relativo c’è differenza ed è sempre meglio, nei casi succitati, essere contro gli djihadisti e contro Obama.
Day tripper
Ma quando si delira cambia tutto.
Lenin che non era scemo parlò in modo molto banale; disprezzava evidentemente gli uomini e li prendeva per imbecilli. Visto come si ragiona ultimamente, temo avesse ragione.
Così nelle contese internazionali spiegò che i conflitti tra potenze intervengono quando i motivi di rivalità prevalgono su quelli di comune accordo. 
Elementare Watson! Mica tanto però, visto che si ha la tendenza grottesca di giocare ai buoni e ai cattivi e d’immaginarsi scontri apocalittici. 
I rapporti di potenza cambiano continuamente. Ci si può scontrare qui e lì, accordandosi altrove; ci si può spartire la torta restando in conflitto. Ci si può perfino combattere continuando a commerciare.
Ed è sulla base degli interessi di un popolo, di una classe, di una nazione, di un partito, di un’idea o di una Weltanschauung che ci si deve rapportare con le relazioni internazionali, non delegando ad esse – o piuttosto alle proprie illusioni su di esse – quella rinascita che spetta solo a noi.
Quisquile?
Non è questione da poco.
Priva di centralità – che in mancanza di stile non potrebbe esistere – un’intera area oscilla tra  due suggestioni. Viene ipnotizzata dalla Reazione che acclama antistorici ritorni al passato e si lascia menare per il naso con totale masochismo in un vicolo cieco da Washington, Londra e Mosca contro Berlino. Oppure viene stregata dal Trasformismo antagonista che s’è innamorato di qualsiasi cosa  abbia odore di folla e di Terzo Mondo da contrapporre all’Occidente, non più inteso come oligarchie ma come popoli e perfino come storia.
Non è un caso se ultimamente abbiamo sentito guaire alla luna “La Terza Posizione è impossibile”; “L’Europa è morta”;   “Il fascismo è superato” e tutte queste evocazioni di dissociazione emesse a sostegno del volgare impulso di perdersi in qualcos’altro, spacciandolo per quel che non è.
Prendi Putin per esempio
Paradigmatico il rapporto con Putin, evocato sia come nostro cavaliere da noi delegato a raggiungere scopi che non sono suoi, sia come l’icona che giustifica quella scelta ideale transgender che molti sentono l’impulso di consumare.
Perché raramente il filo-putinismo di questi mesi è stato fenomeno sano, sobrio e politico (che non guasterebbe affatto). Si è trattato e si tratta spesso di attrazione psicotica.
Al punto di negare a ogni costo quanto è sotto gli occhi di tutti.
Dalla spartizione ucraìna ai nuovi accordi energetici con gli Usa; dalle severissime leggi antifasciste varate in Russia e da lui richieste persino agli increduli cinesi al doppio gioco nei riguardi dei separatisti ucraìni; dall’esortazione a disseminare Kiev di sinagoghe alla crociata contro i rigurgiti dell’Asse; dalle aperture alla Tymoshenko al finanziamento tardivo degli euroscettici (dopo avere a lungo sostenuto proprio l’Euro…) facendo a gara con le Banche Rothschild nel finanziarli.
Tutto questo non cambierebbe niente per un’ottica politica sobria e solida, consapevole che come la Russia ha cambiato orientamento oggi può tornare a farlo domani e che è opportuno operare perché ciò accada.  Benché dimostri ancora una volta il ritardo storico e l’assenza di prospettiva di un ambiente che ha tardato a schierarsi con Putin quando, dal 2001 al 2008 era necessario, per farlo dopo, quando tutto era cambiato e divenuto deleterio.
Si può, per ragionamenti geopolitici che sono ben diversi dalle comuni e ripetute bestialità d’ambiente, operare affinché si sterzi di nuovo, ma non si può ignorare la sterzata e quindi la direzione attuale di Mosca che non è più quella di prima.
Ma quel che è sbalorditivo  è come, pur di accontentare la propria illusione psicotica, buona parte dell’area si ostini a rappresentarsi una realtà completamente deformata.
Un fatto clinico
In particolare nei Paesi ad alto tasso d’immigrazione la deformazione è stata totale.
Alcuni hanno attribuito a Putin e al melting pot della Federazione Russa una presunta difesa della razza bianca che i fatti stessi, oltre alle intenzioni proclamate, contraddicono; hanno scambiato per nazionalismo russo la nostalgia dell’Impero Sovietico e il suo imperialismo internazionalista, dimentichi che tutta la nostra storia vi si è sempre opposta; nel notare che Soros e BHL sono rivali, in quanto trozkisti, del leader stalinista, hanno spinto il loro sostegno, validissimo nel frangente specifico, al neostalinista, vagheggiando però un’ipotetica crociata antisionista  russa, ignorando sia le ripetute acclamazioni putiniane ai rabbini sia la presenza attiva di ben sedici oligarchi israeliti in ruoli chiave del Cremlino e di tanti altri nelle compagnie energetiche.
Insomma non si è fatto che deformare e deformare.
Fino a voltare le spalle a chi cade in nome dell’indipendenza nazionale, della tradizione dell’Asse, accanto ai Reduci, con le Rune, insomma a combattenti e a eroi che, per una forma obbligata di esorcismo psicotico, vengono privati della loro essenza, a giustificazione del proprio tradimento nei loro confronti  consumato a difesa di un’illusione. Ignorando pure che non stanno combattendo una guerra mondiale ma una guerra civile, fascisti contro antifascisti e che il governo che hanno contribuito ad abbattere era gestito da un socio in affari di Biden e della Casa Bianca.
Si tratta di una stampella a sostegno della propria debolezza cui  si è talmente poco disposti a rinunciare a causa della nostra sconfitta quotidiana nel vivere borghese e democratico da riuscire a trovare i pretesti per condannare al tempo stesso il Padre e il Fratello.
Il problema è
Il problema non è Putin come non è l’Euro; si può indovinare o sbagliare l’analisi e il posizionamento. Certo, non sostenere, comunque e a ogni costo, nella guerra e nel sangue, Pravy Sektor (anche se, a differenza mia, si ritenesse che è nel torto) è un segno importante di cedimento dell’essenziale e chi lo compie varca il Rubicone di se stesso e più lo varca più sente l’impulso d’insozzare gli altri perché con il loro esempio tradiscono la sua cattiva coscienza.
Il problema è un altro.
Il problema è che, una volta ancora, si dimostra assenza di centralità, di un’espressione mentale e ideale  che si liberi dal due, dalle fandonie antagoniste di cui si nutre il Grande Fratello.
Fin quando non torneremo all’essenziale, al centrale, allo spirito di noi stessi, fin quando non esprimeremo nuovamente il nostro pensiero, continueremo a beccarci per buffonate irrealistiche, guidate e indirizzate dal nemico. Dal trip di Putin alle frenesie euroscettiche.
Non si deve più fare il tifo per una sciocchezza o un’altra ma affermare se stessi.
Anche per questo bisogna ripartire dai fondamentali, tra i quali il sano volontarismo superomista che tutti i vinti fanno a gara nel denunciare come impossibile. Che segno estremo di rifiuto della virilità!
Poi si potrà anche prendere posizione. La nostra. Prima si è solo utili idioti o hooligans di Sky.
Fin quando non avremo recuperato la bussola non  potremo vivere che da vampiri o paguri bernardi di altri che non se ne accorgeranno neppure e che, in ogni caso, ci disprezzano e ne hanno tutti i motivi.

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