Lo scontro tra la democrazia delegata, con tanto di apparato oligarchico produttore di metastasi e la svolta autocratica che immancabilmente prelude al rilancio della democrazia diretta, ha visto la bocciatura del lodo Alfano come “incostituzionale”. Curioso se esistono, come esistono nel nostro ordinamento, le immunità parlamentari e l’impunibilità del Presidente della Repubblica che, a differenza della Francia, non comanda l’esecutivo e dunque non ha funzione strategica.
Dopo che il “Modello L’Aquila” aveva messo a nudo le differenze non poteva comunque andare altrimenti.
Cos’è questo “Modello L’Aquila”? Decisionismo + competenza + consenso generale.
Alcuni esempi. Per oltre cinque anni si era parlato, in discussioni interminabili, di trasformare l’aeroclub aquilano in areoporto. Il duo decisionista Berlusconi e Bertolaso lo ha realizzato in quaranta giorni e già partono i primi voli di linea.
Le case per i terremotati, quelle che nessuno voleva credere fossero pronte già in autunno, sono spaziose, eleganti e completamente rifinite, dalla lavatrice alle tende delle finestre. I pilastri hanno subito test antisismici per scosse simulate di ampiezza 8,5; per intenderci il terremoto di aprile raggiunse come massimo 6,3.
La costruzione delle case procede ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, con turnazione di ben settemila operai. Dai primi di giugno, quando è partita, non ci sono stati incidenti sul lavoro.
L’entusiasmo dei lavoranti si accompagna a quello dei cittadini. La sola nota stonata è l’indignazione di chi lavora perché si ritiene penalizzato dalla disinformazione o dalla cappa di silenzio. “Siamo uno strano popolo noi italiani – ci ha detto ieri un capomastro – sappiamo solo criticare e parlare di meschinità e tutto quello che facciamo di bello l’oscuriamo, quasi ce ne vergognassimo.”
Meno soddisfatti tra gli aquilani sono quelli che non dipendono dal decisionismo ma dalla burocrazia. Ovvero dalle pastoie della democrazia delegata e delle caste.
Difatti nessuno si occupa delle case lesionate perché la pletora di controlli e permessi ha paralizzato l’iniziativa al punto che chi ha perso la casa si è accorto di essere stato più fortunato di chi l’ha avuta gravemente danneggiata.
Non sta meglio chi ha perso il lavoro visto che abbiamo molti casi in cui si attende il versamento della cassa integrazione da sei mesi. Come se un terremotato che con la casa abbia perso anche il lavoro potesse attendere.
Chi va a L’Aquila ora si rende agevolmente conto di persona della differenza abissale che passa tra la democrazia delegata, vero cancro di questo Paese, e la sua sospensione che produce sorprendenti risultati e rosee prospettive. Ne consegue la presa d’atto che è possibile voltare pagina rispetto alle prassi di cosche partigiane che hanno avvelenato per decenni questa terra colonizzata,
In difesa della democrazia delegata, ovvero delle lobbies e delle oligarchie minacciate dal confronto dirompente, serviva un forte strappo, una difesa strenua. Il responso pareva annunciato e scontato. Ora staremo a vedere che succederà.
L’offensiva dei mandarini, dei valvassini, della City e dei cointeressati nel “progetto Nabucco” intralciato dall’Eni e dal premier, è partita in pieno stile. In quanto alla pelle dell’orso solo il domani ci saprà dire se ha senso venderla. E se, comunque, sarà venduta cara.