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Ora è un morto comune

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Suicida non per omofobia. Dunque banale caso di serie B….

Nessun caso di omofobia o di bullismo: il ragazzo “dai pantaloni rosa” si tolse la vita, il 20 novembre 2012 a Roma, forse per una delusione d’amore per una ragazza, una sua compagna di scuola del liceo Cavour. E’ quanto emerge dall’inchiesta della procura che ha chiesto l’archiviazione del procedimento.
Dopo la morte del ragazzo, subito iniziarono degli accertamenti per tentare di capire quali fossero le ragioni che avevano spinto il 15enne al gesto estremo. Per il Gay Center si trattò di una storia di disagio: “Il ragazzo veniva deriso su Facebook e additato come gay”. Pesanti anche le accuse della mamma Teresa che in un’intervista a Repubblica parlò di attegggiamenti di scherno e di bullismo subiti dal ragazzo a scuola, di cui lei venne a sapere solo dopo la morte.
A. S., studente del liceo scientifico Cavour, a pochi metri dal Colosseo, amava vestirsi di rosa. E a scuola qualcuno lo prendeva in giro. Era anche apparsa una scritta sui muri della scuola: “Non fidatevi di lui: è frocio”.
Sembrava forte ma durante la notte del 20 novembre 2012 ha deciso di farla finita legandosi una sciarpa al collo dentro casa. Quando il fratellino lo ha trovato e ha chiamato i genitori, era troppo tardi.
Ora le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, dopo una lunga serie di audizioni avrebbero dunque portato a sgombrare il campo dal movente omofobico del suicidio.
La richiesta di archiviazione è stata sollecitata anche per tre docenti e dalla preside dell’istituto frequentato dal suicida, finiti sul registro degli indagati dopo una denuncia presentata dai parenti del ragazzo. Ai quattro si contestava il reato di omessa vigilanza, ma, spiegano ora i pm, questo reato non sarebbe stato commesso perché i prof non sarebbero stati a conoscenza di alcun elemento che potesse far pensare che il giovane fosse oggetto di bullismo omofobico.

 

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