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Orientarci e non solo in Medio Oriente

Senza la bussola, il centro, la consapevolezza e l'identità, si vaga come fuscelli al vento nei giochi sistemici degli "opposti" fondamentalismi che continuano la guerra contro di noi

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Salve topi da tastiera!
Dopo lockdown, vaccini, Zemmour, invasione dell’Ucraìna, Zaki, eccoci all’ennesimo derby tra psicopatici infelici. Psicopatici infelici con certezze assolute, senza se e senza ma, che poi è la frase più sciocca che si possa sentire, perché quando uno prende posizione “senza se e senza ma” si schiera in un trip. È solo quando capisce, approfondisce e verifica, che la sua scelta cessa di essere isteria per diventare fanatismo sublimato, radicato, inossidabile, e non c’è più caso che cambi idea.
Gli idioti sfuggono ciò perché non saprebbero schierarsi una volta confrontatisi con il reale. Ma non siamo tutti stupidi isterici, fortunatamente.

Invasione islamica e questione ebraica
Così come ce la propinano, la contrapposizione odierna si manifesta tra la difesa del sistema capitalista e imperialista dietro lo scudo degli israeliani o il tifo perché tutto crolli e da noi diventi una jungla. A difesa di queste due demenze vengono apportati non soltanto alcuni elementi concreti, ma sempre estrapolati, minoritari e non sistemici, bensì addirittura ragioni storiche o ideologiche distorte.
Due elementi campeggiano: la paura dell’invasione islamica e la cosiddetta questione ebraica.
Si tende sistematicamente a dimenticare come siano legate tra loro e quanto la costruzione armata di Israele su terre altrui, con confische, massacri e ghettizzazione infinita, abbia contribuito ad incendiare il fondamentalismo islamico, peraltro a lungo foraggiato da Tel Aviv ma anche da Londra, Parigi e Washington, oltre che dalle potenze regionali musulmane. Si omettono regolarmente le scelte del Pentagono, ormai datate di più di un quarto di secolo, di promuovere il salafismo e sostituire con il fondamentalismo islamico il ruolo di pressing imperialistico svolto prima dalle frattanto fallite organizzazioni comuniste.
Il terrore dell’Islam o l’odio per noi. Da queste due ossessioni parte ogni chiusura mentale che, comunque si ponga, accetta il medesimo schema e il medesimo gioco. È l’ennesima complicità con il potere da parte di chi gli strilla contro, la testa e le labbra traboccanti di certezze sempliciotte.
Bisogna schiarirsi le idee.

Partiamo dai cosiddetti antisemitismo e filosemitismo
Per essere precisi sono meno semiti gli ebrei degli arabi, ergo sarebbe corretto definirlo antiebraismo o filoebraismo.
In qualunque declinazione di oggi si è totalmente smarrita la tradizione storica e di pensiero che era alle origini del cd antisemitismo che, in estrema sintesi, era caratterizzata da anti-internazionalismo, socialnazionalismo, logica antioligarchica e rifiuto delle logiche veterotestamentarie. Da Ford al Testamento di Göbbels si parlava di ebreo internazionale, non di ebreo.
La chiara connessione tra Wall Street e i bolscevichi giocò non poco.
Eppure i rapporti non furono così schematici, sicché sull’Asse e il sionismo si sta leggendo un po’ di tutto. Invero la carta sionista venne giocata dagli inglesi, e si rivoltò contro di loro, ma anche da Roma e Berlino, insieme alla carta palestinese, in ottica antibritannica. Paradossalmente fece più la Germania che l’Italia, con l’attiva partecipazione al progetto di quell’Eichmann il cui processo in Israele avrebbe poi consentito il rilancio infinito dei pagamenti tedeschi a e il via libera all’atomica di Tel Aviv. Roma terrà soprattutto relazioni ottimali con l’Egitto al punto che nel dopoguerra sarà il Msi, e in particolare Filippo Anfuso, il garante dei rapporti tra Il Cairo e l’Italia. Pino Romualdi, vicesegretario del Pfr (nella foto) in osservanza al punto 8 della Repubblica Sociale, incarnerà la linea filo-araba che resterà dominante fino alla segreteria Almirante.

Eccezionalità israeliana
Israele si esprimerà come eccezionalità dell’internazionalismo ebraico e, oltre a causare le infinite tensioni nell’area geografica, con la massima gioia delle superpotenze applicanti il divide et impera, ne produrrà non poche con le comunità ebraiche che, in particolare la francese, saranno più fredde di quanto s’immagini verso il suo protagonismo. Al punto che, senza minaccia “antisemita” e connessi aiuti massicci continui, quello Stato avrebbe fatto probabilmente fallimento molto presto.
Per quest’eccezionalità attirerà invece iniziali simpatie nel neofascismo post-bellico, determinate da un’altra forma di “antisemitismo” (così gli ebrei lasceranno l’Europa…) ma soprattutto, almeno in Italia, dal conflitto sionista contro gli inglesi. Il posizionamento dell’Urss dai tempi della Guerra dei Sei Giorni, in apparente dialettica anti-americana, contribuirà poi a fare intendere Israele come “sentinella dell’Occidente”, il che era palesemente un’illusione e molto divisiva.
Giulio Caradonna, peraltro filosionista, ebbe a dire “la questione ebraica è la più grande rottura di coglioni nel nostro ambiente”.

Sono superuomini?
Nel computo va messo il “superomismo” attribuito agli israeliani, in quanto tali o in quanto ebrei.
Comunque si posizionino, e qualunque siano i loro sentimenti, gli “antisemiti” di questi tempi e i filoisraeliani attuali hanno la stessa percezione disturbata della realtà. Che li intendano come diabolici o come virtuosi, considerano gli ebrei infallibili e compatti.
Quando si parla delle manovre dei servizi in qualsiasi paese, nessuno ritiene che siano impossibili le azioni con cui essi sacrificano i propri cittadini, ma – pro o contro – tutti escludono che gli apparati israeliani possano sacrificare degli ebrei. Il che è palesemente falso. Se poi si accusa Israele o i suoi apparati di qualcosa (Argo 19, Ustica, Bologna, Moro, accordi con Hamas) questo sarebbe antisemitismo. Se si accusano la Cia, i russi, gli inglesi, gli italiani, invece è tutto normale.
Questo considerare gli ebrei come un qualcosa di compatto e di formidabile falsa la realtà su due piani totalmente distinti. Sopravvalutazioni della loro potenza e ignoranza della loro divisione e di quanto essi stessi siano spesso ostaggio di oligarchie che li manipolano.

Immigrazione, paure, e logiche veterotestamentarie
L’infatuazione israeliana del dopoguerra muterà quando si nutrirà delle tensioni con gli immigrati nelle grandi città europee a partire dagli anni ottanta. Fu facile illudersi che ci fosse una necessità comune di difesa e non, al contrario, un intreccio subdolo tra quelli che si consideravano nostri invasori e i nostri ipotetici alleati. Peraltro, essendo maturata spesso in nazioni protestanti, con immaginario veterotestamentario assai simile a quello ebraico, questa teoria prese piede e attirò verso obiettivi irreali che, a loro volta, contribuirono ad alimentare le infinite tensioni sottocutanee su cui si fondano gli equilibri di un sistema che, non operando per il popolo, per stabilizzarsi si fonda sull’angoscia e sul timore nelle masse. (È lo schema Zemmour). Quando si arriva a bruciare in piazza il Corano, come in Svezia, oggettivamente ci si è iscritti all’Isis, perché ci si è mossi facendogli il più grande favore, ad esso e a chi lo muove, che scelleratamente pretendiamo ci debba difendere dal fondamentalismo islamico!

Scimmia dell’antimperialismo fascista
L’infatuazione terzomondista è più recente, ma si tratta della perversione decadente di qualcosa di molto diverso che, proprio l’ottavo punto del Programma di Verona, aveva messo in luce.
La logica fascista di promozione nazionale e sociale dei popoli in lizza con il classismo imperialista internazionalista si riversò nel dopoguerra nel fronte anti-imperialista e in molti dei Paesi non-allineati. I leaders dei nazionalismi sociali arabi si rifacevano all’azione e al pensiero di Mussolini.
Ci vollero decenni perché i Vincitori di Jalta avessero la meglio anche su di loro in una guerra a tenaglia contro l’Europa e i Paesi Arabi. La destabilizzazione dei regimi socialnazionali mediante l’azione contemporanea dei marxisti e dei fondamentalisti, la creazione dei salafiti, l’azione distruttrice dei Fratelli Musulmani, gli interessi imperialistici iraniani, turchi, sauditi, le azioni wahhabbite, l’operato delle Ambasciate Israeliane a Parigi e Bruxelles, che sostennero il terrorismo palestinese anti-Arafat, i finanziamenti plurali ad Hamas, sacrificarono le cause dei popoli arabi a dei fanatismi fondamentalisti diretti (islamici) o indiretti (ebraici, atei e protestanti).
Oggi gli estremisti non sono né nazionalisti, né sociali e non hanno alcuna visione politica superiore: sono fanatici pazzi che vogliono distruggere tutto.
Chi li esalta è un rivoltato contro se stesso e contro il padre. Chi mantiene la bussola deve sostenere coloro che cercano disperatamente di salvare la causa palestinese (come l’Anp) e un’intesa con l’Europa.

Schierarsi
Con tutti i se e con tutti i ma, la nostra scelta sublimata, di fanatismo freddo, è presto fatta. Si tratta di militare per l’Europa, per una trasformazione delle relazioni internazionali in cui entrino in gioco la geografia, la cultura, la giustizia, le affinità, le tradizioni storico-politiche (che nell’area ci vogliono pro Egitto, pro Iraq e pro Palestina) e le comuni risposte a un nemico che, strutturalmente, è capital-imperialista ma è spiritualmente fondamentalista, ovvero psicopatico. Una psicopatia fondamentalista attiva (quella jihadista) e passiva (la destrutturazione comunista – e zeccobruna – della nostra identità a casa nostra). Quest’ultima è più grave e pericolosa dell’altra perché lastrica il cammino, tra le altre cose, anche allo jihadismo che, va tenuto sempre bene in mente, è del tutto minoritario persino nelle comunità islamiche presenti in Europa. Ma lo esaltiamo noi con i due opposti atteggiamenti della medesima idiozia, che sono il complesso di colpa antioccidentalista che è un po’ il porgere la gola, e il fallacismo occidentalista e pro-israeliano che si tramuta nell’abbaiare alla luna ed eccitare le minoranze fulminate. Ripeto, è lo schema-Zemmour che riflette su di noi quanto stanno sperimentando in Israele.

La guerra continua
Un’ultima considerazione. L’invasione russa dell’Ucraìna ha reso impossibile per decenni la distensione europea ad est, il blitz islamista in Israele e i massacri conseguenti di Gaza, hanno allontanato per decenni possibilità di distensione a sud e creato problemi anche a noi.
L’Unione Europea, all’ingiunzione israeliana di tagliare i fondi alla Palestina, li ha portati da 50 a 75 milioni. È evidente quali sono le relazioni naturali e chi le vuole tranciare: ovvero gli “opposti” fondamentalismi che odiano soprattutto noi.
Sotto sotto, la guerra all’Europa continua, con una logica spietata, ben evidente a chi non si è lasciato bere il cervello, cioè a pochi.

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