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Padri del popolo

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Ovvero come Togliatti se ne strafotté di suo figlio malato

Il signor Aldo se n’è quietamente andato. Avrebbe compiuto 86 anni il 29 luglio, ed era ricoverato da decenni in una clinica modenese per la cura delle malattie mentali. Un malato come tanti, silenzioso e remissivo, che aveva per unici svaghi i cruciverba e gli scacchi, e per unico veniale vizio il fumo. Ultimamente stava quasi sempre a letto nella sua camera, la 227. Un signor nessuno, duramente colpito dalla schizofrenia con impulsi autistici, che invece era un signor qualcuno: avendo avuto per padre Palmiro Togliatti, segretario del Pci. Il segreto doloroso dell’esistenza di Aldo fu ferreamente tutelato, per molti anni, dai pochi che nell’ entourage del Migliore ne erano a conoscenza. La vicenda venne alla luce nel 1993 grazie a un cronista della Gazzetta di Modena , Sebastiano Colombini, e al direttore di quel quotidiano, Antonio Mascolo. Vi fu curiosità, e in molti anche emozione, per lo scoop, che coinvolgeva una figura importante della politica italiana e mondiale. Dalla vicenda fu tratto un libro e anche un testo teatrale di Luigi Lunari che con il titolo Our fathers approderà a Broadway, abbinando il destino di Aldo a quello della ritardata Rosemary Kennedy, figlia sostanzialmente ripudiata dal patriarca del potente clan. Si volle da alcuni – non senza ragione – che la sorte dello sventurato Aldo gettasse un’ulteriore ombra su Palmiro. Per la solitudine in cui aveva lasciato quel suo figlio così bisognoso di cure e di attenzioni, per il vuoto affettivo cui l’aveva condannato, per l’oscurità in cui l’aveva tenuto quasi che le tragiche turbe della sua mente fossero una colpa vergognosa. Questo tasto va toccato anche se non mi sembra il caso d’insistervi troppo, visti gli spettacoli d’amoralità e d’aridità di cuore cui ci tocca d’assistere.Onore postumo al vecchio militante comunista Onelio Pini, morto una decina d’anni or sono, che ogni settimana faceva visita al signor Aldo, scambiava qualche frase con lui, e gli portava un pacchetto di sigarette «Stop» senza filtro. Una volta Onelio sussurrò all’orecchio dell’infermo la notizia che l’Urss s’era disgregata, che in buona sostanza il comunismo era finito. Ma non è dato di sapere quanto il vecchio fuori di testa abbia capito di questi mutamenti rivoluzionari che in altre circostanze l’avrebbe sconvolto. Nato a Roma, Aldo aveva tuttavia trascorso l’infanzia e l’adolescenza in Unione Sovietica, avendo il trattamento privilegiato riservato dal regime alla Nomenklatura. Palmiro era una figura di primo piano del cupo universo staliniano, la moglie Rita Montagnana era anche lei una fervida militante comunista (diventerà nel dopoguerra la presidente dell’Udi, l’Unione donne italiane). Nell’Urss Aldo si laurea in ingegneria, benché dia già segni di squilibrio. Rimpatriato con il padre e la ma-dre vorrebbe proseguire gli studi, ma non ci riesce, lavora ma con crescenti sbandamenti. Un giorno fu rintracciato nel porto di Le Havre, in Francia, dove voleva imbarcarsi per gli Stati Uniti. L’ultima sua apparizione pubblica fu registrata nel 1964, ai funerali del padre. La vita di Palmiro Togliatti- e an¬he quella di Aldo- ebbe una svolta importante dopo il ritorno in Italia. Il massimo dirigente del Pci si lasciò alle spalle gli anni dell’osannato terrore staliniano, conobbe una nuova vita, la dolce vita.
Si divise da Rita Montagnana, ebbe per compagna la giovane Nilde Iotti, e nel 1950 adottò una bambina di sette anni, Marisa Malagoli, figlia d’un operaio ucciso durante scontri con la polizia. Da quel momento in poi Nilde e Marisa furono per Il Migliore la famiglia, a Marisa venne riservato il calore paterno di cui Palmiro era capace. Aldo, molto colpito nella sua vulnerabilità e nei suoi gravi problemi, diventò uno spiacevole ingombro. O piuttosto non lo divenne perché il padre lo escluse dalla sua quotidianità. Rimasero invece i legami con i Montagnana torinesi. Ossia con la madre prima che morisse nel 1979, e con i cugini Nuccia e Manfredo. Quest’ultimo è stato tutore del malato fino all’ultimo. Forse quando la politica assume la connotazione ossessiva che ebbe per Palmiro Togliatti può annullare o attenuare, in un processo di desertificazione affettiva, sentimenti e passioni più privati. Non pochi altri padri sono stati e sono egoisti come lo fu Palmiro. Non voglio, ripeto, atteggiarmi a giudice di quella che è stata senza dubbio una tragedia familiare. Massimo Caprara, che di Togliatti fu segretario per vent’anni, ha scritto: «La colpa maggiore di Togliatti è stata la disumanità». Ne ha fatto le spese anche l’unico figlio.

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