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Peggio del virus sono i virologi

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Confusi, litigiosi, produttori d’incertezza e d’angoscia

Dalla pandemia alla videopandemia. Ansiogeni, conflittuali, complessi (se non astrusi), spesso contraddittori rispetto alle loro stesse prese di posizione: così appaiono in tv i virologi agli italiani. E quando ai telespettatori si chiede di dare loro un voto, ecco le sorprese: il più visto è Andrea Crisanti, mentre il più «severo» è considerato Fabrizio Pregliasco.
Comunque la si pensi in materia, dovremo rendere grazie a un sorprendente studio di Reputation Science, istituto che si è preso l’ ingrato compito di sondare i cittadini su come percepiscono i protagonisti della pandemia. Il documento riserva non poche sorprese, e compila anche un’inedita classifica dello share, per dirci chi appare di più nei media nazionali. Nei sei mesi presi in considerazione, per esempio, Reputation Science certifica un record: quello del professor Crisanti, che da quattro mesi batte tutti gli altri con uno share medio impressionante, il 18% (in estate) e il 20% (in autunno).
Solo Roberto Burioni era riuscito a insediare questo primato, in primavera, quando, grazie alla presenza fissa a Che tempo che fa, aveva accumulato molto minutaggio in una platea di prima serata (arrivando al 26%). Ma se la videopandemia è una gara che somiglia più alla maratona che ai 100 metri, non c’ è dubbio che la costanza (e i piazzamenti) alla lunga paghino.
È questo il caso del professor Massimo Galli, che – sommando tantissime partecipazioni – ha fissato un vero e proprio primato, quello di presenza contemporanea e simultanea in due programmi concorrenti (Stasera Italia e Otto e Mezzo). Galli è al terzo posto per visibilità con una percentuale fra l’ 11% e il 13%. Se quindi prendiamo in considerazione la classifica «di arrivo» (l’ ultimo bimestre) scopriamo che oltre ai primi tre (Crisanti, Andrea Ricciardi e lo stesso Galli), ci sono, nell’ ordine, virologi come Matteo Bassetti, Fabrizio Pregliasco, Alberto Zangrillo, Roberto Burioni, Franco Locatelli e Ilaria Capu
Questa classifica è comunque (in parte) «bugiarda»: spiega chi gli italiani hanno visto di più, ma non cosa abbiano capito. Ecco perché è altrettanto utile, se non più interessante, (oltre allo share), la seconda parte dell’ indagine: quella dove l’ istituto indaga nelle tenebre della comprensione collettiva. Ed è qui che emerge il caos multiforme che le dispute tra epidemiologi hanno indotto nel grande pubblico. Nella difficoltà di capire il dettaglio dei dilemmi scientifici, su cui i protagonisti si accapigliano, la guerra dei virologi nei talk ha un effetto di amplificazione dell’ angoscia.
Un vero e proprio bombardamento di contenuti e messaggi contraddittori. Così nel report si legge: «Emerge non solo un volume di contenuti estremamente rilevante, ma anche», si legge, «un doppio livello di incoerenza nelle dichiarazioni rilasciate. Non solo infatti molti esperti hanno cambiato approccio nei vari mesi, ma in generale si è assistito a una forte divergenza tra opinioni riguardo alla gravità della pandemia e alla severità delle misure di contenimento». E ovviamente, si legge nel rapporto, «questo potrebbe aver reso gli alti volumi di contenuti registrati ancora più impegnativi da gestire per i cittadini».
Lo studio analizza centinaia di dichiarazioni pubbliche sulla pandemia, e ne individua oltre 120 con «impatto mediatico significativo», e oltre 70.000 contenuti online tra Web e social network». Ovvero: una bomba opinionista o informativa, angosciofoba, una forza capace di prendere il controllo dell’ agenda mediatica. Ma non finisce qui: «Durante i dieci mesi presi in esame, ogni giorno, queste esternazioni hanno generato circa 234 contenuti sul Web. Allo stesso tempo», si legge nel report, «secondo le analisi, ogni dichiarazione ha generato in media 586 contenuti Certo, l’ opinionismo virologico ha seguito strategie comunicative opposte: «Alcuni virologi», spiega Sr, «hanno scelto di intervenire pubblicamente nei momenti in cui il trend dei contagi era in aumento, come Burioni o, al contrario, hanno concentrato i propri interventi quando i numeri dei contagi erano ai minimi, come Zangrillo. Gli altri dieci esperti hanno mantenuto tempistiche di intervento pressoché costanti».
L’ ultima sorpresa, però, sono le «pagelle» del pubblico. O meglio, i voti in decimali espressi da chi è stato coinvolto nella ricerca e chiamato a esprimere due distinti giudizi: uno sull’«indice di allerta» e l’ altro sull’«indice di coerenza». Qui tutto si ribalta, e le valutazioni non hanno nessuna corrispondenza con lo share. I più severi sono Fabrizio Pregliasco, Walter Ricciardi e Galli. I meno coerenti solo risultati Matteo Bassetti, Alberto Zangrillo e Maria Rita Gismondo, che «pagano» quelli che sono stati percepiti come rispettivi cambi di opinione. Una valutazione di merito? Non necessariamente: questa, secondo Sp, è solo la percezione che ha avuto il pubblico, mentre cercava di farsi una opinione nel caos.

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