Home Note Per fortuna non sentenziava Alemanno

Per fortuna non sentenziava Alemanno

0


La Corte di cassazione condanna quella “cultura” zingara

 

La tradizione culturale dell’accattonaggio come stile di vita non salva il rom che sfrutta i bambini dalla condanna per riduzione in schiavitù. La Corte di cassazione (sentenza 37638) respinge con forza la pretesa del ricorrente di giustificare le violenze, compiute su una bambina di 10 anni per costringerla a elemosinare, con la tradizione zingara.
Secondo la difesa dell’imputato rumeno il reato di riduzione in schiavitù, contestato al suo assistito, doveva essere escluso in considerazione delle millenarie tradizioni culturali dei popoli di etnia rom, per le quali l’accattonaggio assume il valore di un vero e proprio sistema di vita. I comportamenti incriminati, potevano quindi al massimo ricadere nel raggio d’azione dell’articolo 572 del Codice penale ed essere quindi “declassate” a maltrattamenti in famiglia. Un reato minore che la Cassazione esclude, confermando la condanna per riduzione in schiavitù, in considerazione anche del contesto in cui la bambina era costretta a vivere e delle imposizioni che subiva.
L’accattonaggio, che gli veniva imposto con percosse e minacce, era per la minore un “lavoro” a tempo pieno svolto dalla mattina alla sera, momento in cui consegnava il suo incasso alla madre e al suo convivente, che approfittava della condizione di inferiorità fisica e psichica della piccola. Circostanze che fanno scattare il reato di riduzione in schiavitù. La Cassazione ricorda che la consuetudine da parte delle popolazioni zingare di usare i bambini nell’accattonaggio potrebbe avere un’efficacia scriminante solo se se fosse “richiamata da una legge”, nel rispetto del principio della gerarchia delle fonti. Ma nessuno Stato ha mai legalizzato lo sfruttamento.

Nessun commento

Exit mobile version