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Plastica nei mari, allarme dall’Inghilterra

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Il futuro? Di plastica. Secondo i ricercatori dell’Università di Plymouth piccoli frammenti tappezzano i fondali e contaminano i microrganismi, con il rischio che sostanze tossiche entrino nella catena alimentare.

MILANO – Il futuro? Di plastica. Le premesse ci sono tutte. E se l’ambiente continuerà ad andare alla deriva basterà soltanto aspettare e prima o poi mangeremo plastica, come già fanno i pesci nei mari e negli oceani. Gli scienziati fanno ancora una volta da «Cassandra» e lanciano l’allarme: la plastica sta letteralmente tappezzando i fondali con piccoli, quasi microscopici, frammenti i cui effetti sulla salubrità dell’ambiente e il benessere delle specie animali e vegetali potrebbero essere molto pericolosi.

LE PUBBLICAZIONI – La previsione allarmistica è pubblicata sulla rivista Science da un gruppo di ricercatori guidati da Richard Thompson dell’Università di Plymouth in Gran Bretagna. «Negli ultimi 40 anni – scrivono gli scienziati – grandi pezzi di plastica sono stati individuati negli habitat marini dai poli all’equatore. Sono stati segnalati anche frammenti più piccoli, ai quali però si è prestata meno attenzione». Per cercare di saperne qualcosa di più, i ricercatori hanno iniziato a studiare le spiagge nei pressi di Plymouth, sulla costa inglese della Manica. Hanno così scoperto che questi frammenti sono il frutto della rottura di quelli più grandi, sottoposti a sforzi meccanici come la violenza delle onde e l’urto con le spiagge. Proprio per questo si trovano soprattutto sui fondali sabbiosi, dove è stata identificata la presenza di ben nove plastiche di tipo diverso, usate per produrre vestiti, imballaggi e cavi. Poi hanno esaminato altre spiagge su tutta la costa del Regno Unito: come la gramigna in tutti gli habitat ricomparivano i microscopici frammenti plastici.

CAMPIONATURA – Esaminando i campioni di plancton raccolti a partire dal 1960 sulle rotte che collegano Aberdeen con le isole Shetland e la punta settentrionale della Scozia con l’Islanda, i ricercatori hanno constatato che al loro interno i frammenti plastici sono ricomparsi. Anzi, più i campioni erano recenti, maggiore era la quantità di plastica che si trovava al loro interno. «Probabilmente tutti questi frammenti rappresentano soltanto una minima parte di quelli realmente dispersi nell’ambiente», scrive ancora Thompson. Un’opinione condivisibile visto che ogni anno vengono prodotti milioni di tonnellate di plastica che si accumula nell’ambiente, perchè non biodegradabile. Quali gli effetti di questo velo di plastica che si sta stendendo sugli oceani? «È presto per dirlo», risponde Thompson. In alcuni esperimenti, però, si è visto che paguri e altri piccoli animaletti acquatici possono ingerire questi frammenti

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