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Presepi e misteri

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Magia nei cuori di tenebra

Se l’albero di Natale è il trionfo delle luci (e della Luce) il Presepe ha una suggestione più… umbratile. È tutto un gioco di contrasti. La luminosità della Stella e della Grotta, ove si rivela il Puer Divinus, e l’oscurità di altri anfratti fra le montagne, la taverna con l’oste e i giocatori di carte a malapena illuminata da un fuoco rossastro… Il pozzo, profondo, su cui appare il diavolo. In lontananza, il cupo Castello di Erode.
Il Presepe è, per sua natura, dinamico. Perché, anche se composto di statuine immobili, resta pur sempre una Sacra Rappresentazione. Ricorda Francesco a Greccio. Che non fu, propriamente, il primo. Altri Presepi viventi lo avevano preceduto, in Francia, in Occitania. Ma con lui, con i Francescani, iniziò la tradizione che ci è giunta. Che è giunta sino ai nostri, più o meno modesti, Presepi, spesso composti con pezzi di produzione cinese. Che, a pensarci, è un paradosso non da poco, cartina di tornasole della modernità assurda in cui siamo precipitati.
Il Presepe è la rappresentazione della narrazione di Luca, il discepolo di Paolo. Greco per lo meno di cultura, parlava ai gentili, con le immagini che a questi erano familiari. La Grotta e il Bambino. Mithra nasceva in una grotta da una roccia “vergine”. E Mithra era colui che domava il Toro, la potenza tellurica. Il bue.
In oriente, i Re sacerdoti entravano all’incoronazione cavalcando un’asina… E i seguaci del mithraismo – il culto misterico più diffuso – si vestivano, durante i rituali, da pastori. Mithra è il Sole che rinasce al Solstizio. E Gesù viene presentato come il nuovo Sole. Spirituale. Solo che quello che nei Misteri era un mito fuori dal tempo, viene storicizzato. Avviene hiç et nunc. E divide la storia umana in un prima ed un dopo. Il tempo non è più ciclico.
L’apporto di Matteo è minore. Ebreo, e pubblicano, parlava agli ebrei. Citando i profeti. Ma in lui troviamo i Magi. Su cui torneremo. E che, però, sono eco del legame profondo tra il messianesimo ebraico e la religione di Zarathustra. La religione dei Magi, appunto.
L’immaginazione popolare ha, poi, fatto il resto. Aggiungendo figure ed ambienti che, nel loro essenziale simbolismo, rimandano a tradizioni e ad un immaginario che non è, a pensarvi bene, né tanto semplice ed ingenuo, né tanto popolare. Personaggi come Benino, il dormiente. Colui che non partecipa, che non vede la Nascita perché avvolto nel “sonno”. Lo stesso sonno che fa smarrire a Dante la diritta via. E lo perde nella Selva Oscura.
L’osteria e i giocatori. La tentazione diabolica. La tenebra. E potremmo continuare a lungo, perché ogni figura, ogni ambiente ha precisi significati. Indica un, contrastato e chiaroscurale, iter. Un viaggio della conoscenza.
Trovo particolarmente significativo che, in Italia, sia Napoli il centro della tradizione del Presepe. Città splendida, nel ‘600 rivaleggiava, come polo culturale, con Madrid e Parigi. Ma anche città magica. Depositaria di una tradizione esoterica che risale alle scuole pitagoriche. E a Virgilio, che la tradizione popolare vuole fosse un mago, oltre che immenso poeta. Di qui al personaggio della Commedia il passo non è lungo.
Napoli cuore di una scuola che annovera tra i suoi esponenti figure come il Campanella, il Della Porta, e un gigante quale Raimondo di Sangro principe di San Severo… E che giunge sino all’unità d’Italia con Giustiniano Lebano…
Una tradizione sapienziale che si è trasfusa nelle vene popolari della città, nei Quartieri Spagnoli, a San Gregorio degli Armeni… Ed è inevitabilmente, venuta a tessere il complesso gioco di suggestioni e richiami esoterici che sta dietro al Presepe.
L’incanto che ancora proviamo di fronte alla Grotta è, dunque, ancora il segno, ciò che resta di un insegnamento antico. Di un Mistero legato al perenne conflitto tra luce e oscurità. Che è nella stagione, certo. Ma ancor più in noi. Nei nostri… cuori di tenebra.

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