Articolo scritto per il pubblico polacco e inviato anche in Ucraìna
La guerra in Ucraìna ha un responsabile: la Russia che l’ha invasa.
Le giustificazioni all’invasione sono propaganda di guerra perché le tensioni potevano essere abbassate, perché l’invasione si è verificata dopo due anni consecutivi di descalation, quando i morti nel Donbass erano in media poco più che uno a settimana. Questo senza considerare che le tensioni nate nel 2014 erano dovute molto più ai comportamenti russi che non a quelli ucraìni.
Perché la Russia ha invaso l’Ucraìna? Perché in mancanza di essa e delle sue risorse naturali Mosca non può più pensare di restaurare il suo imperialismo.
L’ex ministro degli esteri russo, che dal 2001 al 2006 lavorò all’intesa con l’Europa, Igor Ivanov, ha commentato la scelta di Putin come una “inaccettabile strage di innocenti”. Il suo collaboratore Andrey Kortunov ha spiegato che la scelta di Mosca è stata dettata dalla consapevolezza di aver perduto il confronto politico e diplomatico con ogni altro player mondiale ed essere perciò caduta nella tentazione di ritrovare un ruolo importante con la prepotenza.
In realtà la Russia non teme tanto che Kiev entri nella NATO quanto che entri nella UE. È esattamente da quando il governo ucraìno ha formalizzato quella richiesta, cioè dal 2008, che la Russia ha ripreso ad essere aggressiva, come in Georgia. Nel luglio 2021 poi Kiev ha firmato un accordo con l’Europa che consentiva ad essa di sfruttare i metalli rari del Donbass, tra cui il litio e il cobalto, indispensabili nel confronto di potenze per la new economy e per la ristrutturazione energetica.
Si noti che l’allargamento del 1997 della Nato ad est era stato firmato di comune accordo con Mosca, che nel frattempo riempiva di testate nucleari puntate sulle città europee l’enclave di Kaliningrad e che la Russia entrava a far parte del Consiglio di Sicurezza Europeo e diventava membro associato della NATO. L’ufficio NATO nella capitale russa ha chiuso solo nel novembre 2021.
Ruolo Usa
Se la Russia è la principale responsabile della guerra che ha scatenato, è indiscutibile che gli americani stiano approfittado della situazione ed è probabile che l’abbiano in qualche modo creata.
Non come sostiene la propaganda russa, cioè con laboratori biologici fantasma o preparando invasioni della Russia, ma incoraggiando i russi a muoversi contro l’Ucraìna. Perché altrimenti avrebbero inviato forze esigue a manovrare ai confini se non per offrire il pretesto a Mosca di reagire a quelle che ha definito provocazioni? Perché altrimenti Biden nei giorni precedenti l’invasione avrebbe continuato a ripetere che se i russi avessero attaccato la NATO non sarebbe intervenuta? Poi, ovviamente, gli americani hanno aiutato gli ucraìni ma mai troppo. La consegna delle armi è stata sempre rallentata, le condizioni d’uso sono state sempre limitative. Gli americani hanno posto il veto all’offerta polacca di aerei a Kiev nel primo mese di guerra. Dal giorno stesso in cui la controffensiva ucraìna ha centrato un successo, Washington non ha fatto che parlare di minaccia atomica e di necessità di negoziare. L’intelligence americana ha proposto una pace con la cessione di un quinto dell’Ucraìna alla Russia. I tanks Abrams non saranno consegnati prima di agosto, data in cui gli USA pensano che si sarà già potuto mettere fine alla guerra.
La guerra tra Russia e Ucraìna la stanno vincendo gli USA che non la combattono. Se sono stati loro a manovrare tutto, bisogna dire che allora i russi sono stati manovrati come marionette. Sembra la storia del gatto e del topo. In questo caso un topo, quello russo, famelico, feroce, e anche un po’ stupido.
Guadagni americani
In che modo gli americani stanno vincendo la guerra che i russi hanno scatenato a loro vantaggio?
Primo: l’aumento dei costi del gas e del petrolio, insieme alle sanzioni, ha reso lo shale americano competitivo sui mercati. Fin dal tempo di Obama gli USA si sono trasformati in produttori ed esportatori di energia e ora, grazie ai russi, stanno facendo grandi affari in Europa.
Secondo: il Dollaro festeggia perché tra le sanzioni e i tassi della FED, ha guadagnato terreno sul suo rivale storico, l’Euro, contro il quale ha scatenato guerre e rivoluzioni negli ultimi vent’anni.
Terzo: lo sfruttamento europeo dei metalli rari del Donbass è bloccato. Agli americani interessa poco se lo controlleranno i russi perché la loro economia è da sempre parassitaria e non riescono mai a divenire competitivi. Perfino dove gli americani hanno perso la guerra nei confronti di alleati di Mosca (Angola, Vietnam), sono gli americani, gli europei e i cinesi ad occupare i mercati mentre i russi non ci riescono.
Quarto: Gli americani si sono imposti come interlocutori privilegiati di Kiev e hanno messo in difficoltà la Germania in tutto l’est, rompendo, sempre grazie ai russi, le relazioni russo-tedesche che rappresentavano un potenziale notevole.
Quinto: gli americani, e poi i cinesi e i turchi, sono già pronti alla ricostruzione dell’Ucraìna con tutti i vantaggi economici e politici che questo comporta.
Sesto: con le sanzioni e con i comportamenti internazionali diversi presi dalle varie nazioni, gli americani hanno congelato il trattato commerciale CAI tra Europa e Asia e al momento si sono liberati di un competitor sul Pacifico.
Declino russo
La Russia sta perdendo politicamente la guerra perché nessuno dei suoi “alleati”, trane l’Iran, la sostiene realmente. I cinesi si sono rifiutati di armarla e hanno ridotto gli investimenti in Russia. Gli indiani non esportano niente di strategico. Nessuno, neppure l’Iran, ha riconosciuto le annessioni della Crimea e del Donbass. Se sul momento ha incassato tanto dagli aumenti delle tariffe, il taglio delle esportazioni internazionali non potrà essere colmato prima di qualche anno per mancanza di infrastruttore sufficienti di collegamento ad est. Infine Mosca è diventata economicamente vassalla della Cina. In compenso chi sta ottenendo tutti i risultati possibili da questa guerra è la Turchia.
Nel frattempo Mosca è messa in discussione da molti dei suoi partners della Comunità Eurasiatica e la sua leadership è minacciata o almeno indebolita in Kazakhstan, Tagikistan, Uzbejistan, Kazakistan e perfino in Armenia. Anche in Bielorussia il dominio di Mosca è traballante.
Infine la Banca centrale russa lamenta una carenza di manodopera dovuta alla leva, alle fughe dalla Russia per sottrarvisi (oltre 300.000). In un anno la fascia di età di forza-lavoro dell’intera Federazione è calata di 600.000 unità.
Condizione europea
L’Unione Europea durante l’amministrazione americana di Trump e la crisi covid aveva fatto passi noteveoli verso una certa autonomia e un livello di compattezza. Nel 2020 la FED si era detta preoccupata per le misure adottate dalla UE che, a suo parere, l’avrebbero resa più competitiva degli USA nella new economy. La Russia ha fatto un grande piacere agli americani rallentando e ostacolando l’economia europea. D’altronde sta facendo lo stesso anche in Mali e in Libia: contiene gli europei a vantaggio americano e cinese.
Ma se questa guerra ha rallentato l’economia europea e ne ha messo nuovamente in discussione la compattezza, sta anche spingendo gli europei ad armarsi, sia pure nella NATO, con la consapevolezza di dover diventare quasi autosufficienti. Lo stesso accade in Giappone.
Come finirà questo processo economico, politico e militare è la grande incognita.
Se prendiamo in prestito una logica marxista, per la quale le necessità spingono le scelte ideologiche, possiamo essere fiduciosi in una nuova visione più adatta ai tempi, che dovrebbe rompere con l’aids mentale che ha caratterizzato fino ad oggi l’Occidente (woke, gender policy) e recuperare buon senso e combattività. Si nota già questa tendenza in diverse nazioni, a cominciare da Polonia ed Italia.
L’Unione Europea, ovviamente, è oggi la somma delle sue parti che sono, tutte, pervase di materialismo e di ingordigia capitalistica. Il che non è una prerogativa esclusivamente europea od occidentale, ma è evidente che il processo di crescita europeo dev’essere accompagnato da una radicale svolta spirituale ed esistenziale per la quale dobbiamo dar vita a quella che io chiamo rivoluzione creatrice, lasciandoci dietro alle spalle puerili antagonismi che non consentono di agire in profondità e come è necessario.
La terra delle fiamme e del sangue
L’Ucraìna, materialmente, è la vittima di tutto questo. Comunque finisca la guerra essa ha già pagato un costo altissimo in vite umane e in distruzioni e sarà debitrice di chi la ricostruirà, tra questi già ci sono con sicurezza gli americani, i cinesi e i turchi.
Difficilmente vincerà la guerra e probabilmente non recupererà neppure il Donbass se nei piani dei players (USA e Cina in particolare) si è deciso che le sue risorse debbano essere congelate dai russi. Se gli “aiuti” occidentali continueranno con il ritmo e le proporzioni di adesso, il rischio di una nuova offensiva russa è alto. L’Ucraìna potrà finire perfino divisa come lo furono la Corea (che lo è ancora), il Vietnam, la Germania.
E se anche il miracolo si compisse e i russi venissero cacciati dall’intero paese, la dipendenza economica internazionale, di Kiev è certa.
In compenso nella tragedia sono risorti uno spirito di appartenenza, un senso di popolo e un’epica e, poiché nella vita non è solo questione di calcoli di dare e avere, questo potrà avere in futuro il valore di una scintilla.
Il valore della scintilla lo ha nelle scelte eroiche e comunitarie di molti dei suoi giovani e anche di giovani recatisi da tutta Europa e soprattutto dall’Europa dell’est, a combattere o a sostenere lo sforzo bellico ucraìno.
Anche dal punto di vista ideale, culturale e programmatico, in Ucraìna e in Europa dell’Est è stato afferrato il testimone d’avanguardia esemplare, politica e spirituale, abbandonato quasi ovunque negli ambienti di destra radicale ad Ovest, dove dominano concetti astratti di amico e nemico, mai verificati sul campo, ragionamenti cartesiani angusti e incoerenti, e spesso una disperazione esistenziale che è l’effetto speculare del modello della loro società.
Dalla scintilla guerriera, comunitaria, popolare, esistenziale e spirituale d’Ucraìna e delle numerose presenze europee che partecipano alla sua causa, può nascere quella fiamma che serve per rigenerare un’Europa alla quale le necessità storiche chiedono già di cambiare valori e prospettive.
Chi è in grado di verificare già sa che, oggi, nella cosiddetta destra radicale, nell’Europa dell’Est c’è già molta più consapevolezza e preparazione politica e culturale che a ovest, almeno sotto i quaranta anni. Non c’è da disperare.