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Putin e il petrolio

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Putin, per le grosse iniziative, mostra di preferire le alleanze con compagnie petrolifere relativamente secondarie, rispetto a quelle con le multinazionali con base negli Usa o in Europa.

La Total francese ha messo a segno un rilevante successo, ottenendo una quota importante di Siebneft, la compagnia petrolifera siberiana che si era fusa con Yukos e che si è svincolata da questo matrimonio, da quando il capo di Yukos, Mikhail Khodorkowsky, è stato imprigionato con l’accusa di frodi fiscali e valutarie. Il grande oligarca, ancora in carcere, era in trattative con Exxon per una partecipazione di 21 miliardi di dollari nel nuovo complesso. Ora la fusione non si fa più ed Exxon, che è stata scavalcata da Total nella contesa per l’ingresso in Siebneft, un affare minore, ma comunque non secondario, rischia anche di perdere il permesso relativo a un investimento di 12 miliardi di dollari per esplorazioni petrolifere nel Pacifico nelle vicinanze dell’isola di Sakhalin.


Le redini del petrolio russo, dopo le privatizzazioni degli anni 90, sono tornate in mano allo Stato. È Putin che conduce il gioco. E sembra di capire che la sua strategia consista in una apertura differenziata alle compagnie petrolifere occidentali, indispensabile per la commercializzazione dei prodotti e soprattutto per le tecnologie e le risorse finanziarie da impiegare in nuovi investimenti. Putin, per le grosse iniziative, mostra di preferire le alleanze con compagnie petrolifere relativamente secondarie, rispetto a quelle con le multinazionali con base negli Usa o in Europa. Infatti anche la Shell, che era in prima fila per una partecipazione a Siebneft è stata messa fuori gioco. Exxon ha riserve di petrolio per 21 miliardi di barili. Yukos 18, Shell (dopo il ridimensionamento recente) 15 e Total solo 11. BP che ha riserve per 18 miliardi di barili e, nonostante la sua origine come compagnia britannica, è di fatto una multinazionale, ha ottenuto una quota in TNK International: ma questa non ha riserve paragonabili a Yukos o a Lukoil, che con i suoi 21 miliardi di barili è seconda nella graduatoria mondiale. Per le compagnie con riserve meno importanti, Putin accetta anche alleanze con grosse multinazionali. Il petrolio ed il gas costituiscono un quarto dell’economia russa. Ed assieme ai giacimenti del Caspio sono ora l’alternativa al Medio Oriente. Bisogna saperne tener conto.

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