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Quando la storia la fanno i giullari

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visto che gli storici sono solitamente più buffoni

 

Giovedì sera  alla kermesse canzoniera  sanremese, tra le ovazioni di stampa e pubblico, è andata in onda la solita farsa all’italiana. Il comico Benigni in uno sproloquio durato quasi mezz’ora , tra il serio e il faceto, e mischiando temi seri quali il Risorgimento e l’inno di Mameli, ha dato la solita spolveratina patriottarda ad uso e consumo della sgangherata platea televisiva di questo Paese.

Ormai, nel 150 anniversario dell’Unità d’Italia, da destra e da sinistra è una corsa alla ricostruzione storica strumentalizzata a seconda della convenienza politica.

Tra chi recupera Garibaldi e Mazzini, ma tace sulla Prima Guerra Mondiale perché un po’ troppo “nazionalista”, e chi (destra e sinistra insieme) ovviamente punta il dito contro il fascismo e la seconda guerra mondiale, e recupera la resistenza e l’invasione angloamericana per celebrare la cd “liberazione”è una continua operazione di “taglia e cuci” che come tutte le operazioni del genere danno solo un quadro disunito e macchiettistico della nostra storia.

La Storia di una Nazione è  cosa seria e andrebbe insegnata nelle scuole, senza il paraocchi ideologico che il pensiero politically correct, vuole inculcare a tutti costi: non si capirà mai la storia italiana se non si elimineranno per sempre le censure, le omissioni, i silenzi , il manicheismo su periodi quali il fascismo.

Un Paese che ha ancora paura di affrontare la questione dei morti infoibati in Istria e Dalmazia o che ha paura di tutelare i monumenti simbolo di Bolzano frutto del sacrificio di migliaia di soldati caduti per l’Italia perché non rientrano nei canoni della storia riveduta e corretta, dovrebbe cercare di fare uno sforzo serio per darsi una memoria comune e forte, senza affidare ai giullari le ricostruzioni di un’identità. Di giullari in questo Paese ve se sono già troppi

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