Home Storia&sorte Quegli assassini troppo a lungo mitizzati

Quegli assassini troppo a lungo mitizzati

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Una cerimonia funebre in memoria degli ex soldati trucidati dalla polizia partigiana si terrà il 2 novembre nel basso modenese. Bene così: c’è però da chiedersi dov’erano gli attuali officianti negli anni addietro, quando puntare l’indice contro quegli assassini rappresentava un rischio.

Martedì 2 novembre, ricorrenza dei Defunti, si terrà alle ore 11 a San Possidonio, piccolo centro della bassa modenese, una cerimonia in memoria delle vittime dell’eccidio della cosiddetta ”corriera fantasma”, un autocarro della Pontificia Opera di Assistenza che l’arcivescovado di Brescia aveva allestito dopo la Liberazione per consentire ai militari ed a tutti coloro che erano rimasti coinvolti nelle tempeste del conflitto di tornare alle loro case.


Nel maggio del 1945, a guerra da tempo finita, partivano da Brescia tre camion di cui uno recava a bordo, insieme a soldati del disciolto esercito e reduci dai campi di prigionia in Germania, anche un gruppo di giovani ex allievi della scuola militare di Oderno. Due sentenze della magistratura (della Corte d’Assise di Viterbo nel 1951 e quella del Tribunale di Modena, emessa nel 1970) accertarono che il camion scomparso fu fermato a Concordia dalla locale ‘polizia partigiana’ e tutti i passeggeri rinchiusi nella tristemente nota ”Villa Medici” di Concordia, paragonabile alla prigione di via Tasso a Roma. Da lì i giovani ”ragazzi di Salò” vennero trasferiti nel vicino comune di S. Possidonio dove, la notte del 19 maggio 1945, furono passati per le armi.


Il rito del 2 novembre verrà celebrato nel campo, lungo la Circonvallazione di S. Possidonio, dove nel 1968 vennero rinvenuti in una fossa comune, i resti delle giovani vittime, tutti diciottenni. Il ritrovamento fu possibile perché uno degli ex partigiani che aveva partecipato all’eccidio, appreso dal medico condotto del posto, il dottor Pivetti, di essere affetto da un male incurabile e di essere in punto di morte, roso dal rimorso gli aveva confidato i particolari dell’eccidio indicando ai carabinieri il punto esatto in cui i corpi erano stati sepolti dopo l’esecuzione. Gli scavi effettuati diedero conferma della rivelazione, mentre l’autopsia consentì di accertare che le vittime erano stato sottoposte a sevizie. Imputati del delitto furono il capo della locale polizia partigiana e tre suoi subalterni, prosciolti per sopravvenuta amnistia dopo che la sentenza istruttoria ne aveva chiesto la condanna all’ergastolo.


Nel podere in cui vennero sepolti i giovani ex allievi ufficiali verrà innalzato e benedetto nel rito del 2 novembre un grande crocifisso in bronzo. ”A questo punto -spiegano gli artefici dell’iniziativa- la storia grondante dolore e sofferenza di sessant’anni fa emerge con la forza della Verità in un rito che non intende riattizzare odi e rancori a stento sopiti o riaprire ferite faticosamente rimarginate, ma si colloca in uno spirito di pacificazione e riconciliazione che accoglie l’alto magistero morale del Presidente Ciampi auspicanti il recupero di una memoria storica condivisa come fattore fondante di una ritrovata coesione e unità nazionale”.


Significativo ed emblematico in questa prospettiva risulta il gesto di cui si è fatto protagonista colui che è il promotore della celebrazione di S. Possidonio. E’ un docente universitario di medicina dell’Ateneo di Ferrara, il prof. Giorgio Zavagli. Nel 1968 il docente, un apolitico di idee democratico-liberali, appren

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