Un approfondimento che non ha la presunzione di mettere d’accordo tutti. Il corso naturale degli eventi non sempre è soggetto a rilettura da due sponde separate, da due o tre rivisitazioni spesso egocentriste. Talune volte, sono gli stessi protagonisti della storia moderna e passata a distinguersi da tutto, con il loro innaturale spirito di sacrificio, grazie alla loro continua ricerca di sfide e nuove avventure, contrassegnate dall’unico comune divisore.
Guevara incarnò per molti l’antitesi delle mendacie vicissitudini legate a una tipologia di controstoria tutt’ora in uso. Ernesto Guevara de la Serna, fulgido esempio rivoluzionario o icona post comunista? Un quesito che trova la sua risposta all’intero del percorso di vita del Che, autentico rivoluzionario e non icona “pop commandos.” La battaglia di Santa Clara fu la svolta di carattere, di determinazione, in cui il suo animo sancì definitivamente, inderogabilmente, l’allontanamento da una concettualtà spazio terrena, dai ridotti confini di Patria-Regione cubana, anteponendone a sua volta la legittimazione di Patria e Nazione americana, continentale. Dunque, non asceta socialista ma lucido esempio di veemenza delle idee le quali non albergavano nell’ideologismo revisionista; quel mattino del 29 dicembre 1954 non segnò unicamente la vittoria contro il terrore istituito da Fulgencio Batista. Possiamo definire tale accadimento storico come un autentico spartiacque del primo dopo guerra, analogamente vicino all’espressione sociale, di riconoscimento dei diritti di un popolo, comparandone le varie sfaccettature ai primi vagiti fuoriusciti da un’Italia del primo 900. Ogni riferimento non è puramente casuale. Senza cadere in parziali parallelismi mazziniani e mussoliniani, si evince il medesimo spirito. Tale da non lasciare nessun rimbrotto a chi ne ha costituito uno stile di vita moda-dèmodé contiguo nel tempo. Santa Clara “vittoria strategica” e vittoria dell’animo verso tutte quelle certezze antesignane di popolo e di Patria. Indubbiamente calpestate dall’espansionismo strategico degli Stati Uniti in netto accrescimento in Centro Sud America , influenzandone a sua volta gli stati e le società. La discesa dalla montagna e la presa delle pianure per poi passare alle città , fu in grado di rimescolare i pensieri di Che Guevara, anteponendone il proprio arbitrio. All’arrivo nella città di Camajuani – a metà strada tra Caibarién e Santa Clara dove vi si aggiunsero più 1000 volontari – fu accolto dalla popolazione con entusiasmo. Non fu certo solo quel giubilo ad alimentare le speranze all’interno ed oltre quei confini in cui tutti ci riconosciamo, portandone a sua volta le stesse peculiarità oltre gli stessi confini cubani e boliviani. Ecco allora, e’ possibile disquisire di tutto ciò, senza trincerarsi dietro inutili pregiudizi storici, ideologici, estranei alla ragione.
La realtà degli accadimenti è trasparenza: quasi a termine della sua vita, Guevara manifestò senza ombra di dubbio delle riserve verso tutti quegli stati che egli definiva “socialisti”, adoperando un termine in uso all’epoca, palesando un atteggiamento critico non celato. Argomentandone le ragioni, puntellandone le estremità , esprimendo la sua criticità per fino in direzione del noto “ Manual de economia politica” proveniente dall’Accademie delle scienza dell’URSS. Facendone comprendere le differenze effettive, generate dal blocco sovietico e le differenze strutturali con il socialismo primogenito, non corrispondenti a il comunismo di stile sovietico tanto in voga in quegli anni. Meglio non discorrere in critiche sterili, non in sede opportuna, analizzando però quei principi “guevaristi”che di certo non si basavano sull’azione economica, repressiva, interiore al mercato economico finanziario, procrastinati dall’establishment sovietica, simili alle tanto disprezzate oligarchie capitaliste, riuscendone a sua volta ad anticiparne la dipartita a breve termine. L’importanza di Santa Clara è racchiusa in un fascio di grano, colmo di certezze, che portarono l’intelligenza e l’acume rivoluzionario di Guevara all’amore della Terra, della Patria, oltrepassando ogni stereotipo indotto. Virtù facente parte delle caratteristiche del disegno e della figura iconografica di Guevara; ancora oggi iconocizzata grazie a metafore preconfezionate. Per dovere di cronaca, le stesse che gli attribuirono un’errata valutazione di alcune sue intuizioni riguardanti il modello di bilancio e finanziamento delle imprese. Indicandone i punti salienti nell’amalgama tra le rappresentanze operaie e politiche, garantendone l’integrità, definendo di primaria importanza il dialogo collettivo e l’onere delle decisioni ad un unico garante. Molte furono le lagnanze da parte sindacale che in alcuni frangenti rivendicarono a gran voce il diritto di unici interlocutori con le rappresentanze imprenditoriali e operaie. Il Che non si fece intimidire, anteponendo per primo il valore e il diritto del lavoro, parallelamente alle direttive dello Stato. Letteralmente, rigettò al mittente, ai dispensatori di false verità “foto storiche”, l’intera opera pregiudiziale. Come ben sappiamo, le costituenti sindacali, manifestarono il loro dissenso con l’unico atteggiamento a loro possibile. Lo sciopero. Nulla a cui vedere con il senso di responsabilità e di sacrificio di ogni individuo richiesti dal Comandante, liberandone anche solo parzialmente la classe sociale dalla paranoia collettiva dovuta agli innumerevoli freni inibitori da parte sindacale. Non ebbe tutto il tempo per dar vita ad un’unica collettività nazionale e imprenditoriale. Riuscì comunque a trasmettere quel senso di unicità riscontrabile nell’insieme, costituito da ogni appartenete del popolo cubano, della Patria.
Nell’incompiutezza di una pace suggestiva, Guevara non ha mai creduto. E’ quindi doveroso far propri quei concetti di libera Nazione, Patria , non accessibili ancora a tutti. E’ quindi maggiormente indispensabile il riordino degli accadimenti e la valutazione quantitativa delle vicissitudini del Che, tenendo ben presente il contesto storico in cui hanno avuto la possibilità di schiudersi, privilegiando e contrassegnando le difformità esistenti tra sociale, socialismo e comunismo. Come abbiamo avuto modo di vedere, concetti ben chiari nella mente di Guevara. Possiamo asserire con cognizione di causa che il Che fu uno dei precursori della lotta all’intrico internazionalista che già allora aveva dei contorni ben definiti e, dopo la battaglia di Santa Clara, vedendosi in vesti ufficiali, ministeriali, fecero accrescere quei punti interrogativi sullo stato di conservazione dei diritti nazionali e internazionali, violati da un’asse prestabilito, di ben chiare connotazioni neoimperialiste, oligarchiche. Neoimperialiste per ragioni devianti, parenti lontane dell’autentica valenza d’impero, per logiche di assoggettamento e di “spazi vitali” a discapito di popoli e nazioni sovrane. Guevara metteva a repentaglio il sottile equilibrio tra le due super potenze di allora, conscio del proprio ruolo ambivalente, in cui predominavano animi differenti. In primis soldato, medico e, solo in ultimo al servizio della propria gente, in quello in cui credeva, un’anima cerebrale. A Santa Clara in Plaza del la Rivolucion, lontano dal centro cittadino, non abbastanza dai riflettori accesi, dalle orde di visitatori, è ubicato il monumento in onore ad Ernesto Guevara della Serna e alle sue spoglie mortali. Di certo, nel capoluogo della provincia di Villa Clara, riposa un fulgido esempio di sacrificio e dedizione, che da lassù, alla vista delle maglietta a lui dedicate, delle statuette dalla foggia stile Piazza Rossa, non si lascerà scappare un sorriso spezzante dovuto al rischio e al pericolo corso.