Dal manifestarsi lo scorso aprile del virus H1N1 (quello della nordamericana o messicana poi definita suina) i governi occidentali hanno destinato fondi per la profilassi. Lo scorso 28 agosto il governo spagnolo ha annunciato di aver dedicato 333 milioni di euro per la lotta contro una pandemia che, finora, è risultata meno dannosa del comune raffreddore. La Francia a luglio aveva annunciato che destinerà oltre 1 miliardo di euro e annunciava l’acquisto di 94 milioni dosi del vaccino del laboratorio britannico GlaxoSmithKline (GSK), del francese Sanofi Pasteur e dello svizzero Novartis. (E qui non sarà inutile considerare come proprio il ministro della sanità britannica avesse annunciato in modo irresponsabile, irrealistico e grottesco che durante il mese di agosto ogni giorno centomila persone sarebbero state infettate in Inghilterra… Né ignorare la campagna di panico che in Francia ha raggiunto vette inconcepibili e uniche: tutto a vantaggio delle multinazionali farmaceutiche di cui sopra).
La Francia ha inoltre costituito uno stock di antivirali composto di 9 milioni di dosi di Relenza comprati a GSK e 24 milioni di scatole del Tamiflu della Roche.
Queste due ditte sono per ora le grandi beneficiarie, le miracolate dell’influenza suina.
Da aprile 200 milioni di dosi di Tamiflu sono state ordinate in 85 paesi. “Nel secondo trimestre le vendite di questi farmaci si sono moltiplicati per dodici rispetto allo stesso periodo del 2008” nota Thierry Verrecchia, analista della società d’investmenti Raymond James Euro Equities.
Le vendite del Tamiflu dovrebbero generare una cifra d’affari superiore a 1,3 miliardi di euro per il 2009, ma il guadagno sarà limitato perché la Roche dovrà versare a sua volta gran parte dei profitti all’americana Gilead, che ha scoperto la molecola. L’impatto del Relenza sarà più diluito. Ma la “pandemia” avrà avuto l’effetto di rilanciare un farmaco quasi abbandonato a causa delle condizioni di somministrazione (il framaco va inalato).
Dall’apparizione del virus H1N1 più di un miliardo di dosi di vacino sono state ordinate nell’emisfero nord ma devono temere concorrenza. Il laboratorio cinese Sinovac, uno dei rari a sviluppare una cura ad una sola iniezione, ha annunciato lunedì 31 agosto che il suo prodotto sarà più economico del 30% rispetto ai concorrenti.
Sono almeno venticinque i soggetti che lavorano per la messa a punto del vaccino; secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute) il rendimento attuale sarebbe inadatto al trattamento dell’influenza stagionale. Una seconda ondata produttiva che dovrebbe procurare un maggior rendimento dovrebbe essere approntata tra qualche settimana, ma il ritardo non farà che aumentare i costi.
E se la produzione non sarà conclusa entro l’inizio del 2010, i laboratori non potranno affrontare a pieno regime la fabbricazione del vaccino contro l’influenza classica che non è meno redditizio. Questa la ragione per la quale si richiedono arbitrati (la solita storia della governance delle greggi…)
Passato in secondo piano da qualche anno, il mercato dei vaccini è divenuto una priorità per i pesi massimi della farmacia, confrontati all’arrivo a scaglioni dei brevetti sui farmaci più venduti. Il settore è in qualche modo protetto dall’arrivo dei nuovi attori dal peso degli investimenti iniziali richiesti: Servono cinque anni almeno per costruire una nuova fabbrica.
Se mantiene una crescita regolare il settore dovrebbe giungere con il generare 14 miliardi di euro per il 2012.
Jérôme Porier per Le Monde