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Recuperare lo stile

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Si deve. Si può

Mi si chiede continuamente se si può fare qualcosa.
Lo sbracamento del mondo destro-terminale ha raggiunto livelli impensabili.
C’è qualche segnale in controtendenza, come il fantastico Presente! di Milano o la mia battaglia per la verità sugli anni dello stragismo rosso e dell’atlantismo trozkista, tramite la quale sto restituendo la dovuta dignità ad un mondo calunniato e messo all’indice.
Sono segnali e iniziative che persino degli zombies e degli psicopatici che frequentano i nostri lidi non possono sopportare. Perché il cantare con il coro di chi mortifica il nostro passato e la nostra essenza consente loro di mascherare la propria nullità quotidiana, così come l’essere slacciati e indisciplinati permette loro di non far notare oltre misura quanto sono storti.
I nulli e gli inferiori si affermano solo sminuendo e insultando gli altri e seminando zizzania.
Sicché è ovunque discordia, maldicenza, frazionismo. E’ un pullulare di nani che si travestono da uomini e contrastano chi opera e tutti i movimenti organizzati nel nome di una disgregazione assoluta, di un anarchismo individualista e democratico con qualche sfumatura clanica che rimanda a caricature di camorrismo rammollito.
Molti, e spesso sono proprio gli stessi nani, invocano come antidoto un’improbabile e del tutto inutile “unità dell’area”.

Invece di nascondersi dietro questa formuletta magica che non corrisponde a niente e che non è mai corrisposta a realtà, neppure durante il fascismo, si dovrebbe, anzi si deve, iniziare da qualcos’altro che è basilare, essenziale e fattibile.
Si chiama RECUPERO DELLO STILE, del rispetto, della tenuta, della fierezza d’appartenenza, del senso di disciplina, del superamento dell’individualismo, dell’egalitarismo, del gallettismo, della presunzione.
Significa, prima di esprimere pareri, imparare a chiedersi se si ha la statura per farlo e, una volta che lo si sia stabilito, apprendere a dissentire con rispetto da chi ha autorevolezza e con benevolenza da chi non l’ha. Nel distinguersi se proprio è obbligatorio, non ci si deve abbandonare alla polemica, all’astio, alla rissosità.
Così come nel proporsi non ci si deve abbandonare a sbracature da taverna e a bullismi.
In poche parole si tratta di rimettersi in piedi e di riacquisire centralità.
Dobbiamo insomma FASCISTIZZARE di nuovo.
Poi si potrà tornare a testa alta persino a commemorare Acca Larentia.
Non è una cosa trascendentale, realizzarla non richiede alcun coordinamento, né la nascita di nuove organizzazioni, né l’abbandono o la critica di quelle in cui si milita.
Si può fare. Penso di sapere come, ma mi rivolgo a tutti coloro che sono in questa disposizione d’animo: contattatemi, per mail o per telefono. Sia per esprimere la vostra disponibilità, sia per discuterne o per dare suggerimenti.
E’ tempo che iniziamo a riappropriarci delle nostre vite e a sottrarle al fango della canaglia che ulula e guaisce e che, in mancanza di un collettivo comportamento ordinato, si fa agente del caos e arriva laddove neppure i nemici degli anni di piombo erano riusciti, ovvero nell’intento di distruggere la nostra bellezza che, notoriamente, è odiata da chi è brutto dentro.
Kaloi kai Agathoi!
Coraggio, raddrizzeremo la barra. Ma serve l’impegno di diversi di noi.
Non serve che si si sia moltissimi per una sinergia solare, ma si deve esserne motivati e coscienti.

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