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Regno dis/Unito

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Come l’unica Exit che ci piace ha scombussolato un sistema di dominio secolare

Con l’elezione di Boris Johnson a leader conservatore si prospetta seriamente l’ipotesi di una Brexit no deal il 31 ottobre prossimo.
Non è però sicuro che questo accada perché la maggioranza di cui Johnson può godere è risicata e già si prospetta una fronda interna che potrebbe impedirgli di raggiungere il suo obiettivo, così come legò le mani a Theresa May.
Il quadro politico in cui il nuovo leader è costretto a muoversi è angusto in quanto i due partiti contrapposti, ovvero NoBrexit e LibLab sono in netta crescita a discapito dei partiti storici inglesi e proprio i conservatori sono in caduta libera. La polarizzazione ha fatto saltare il quadro abituale e ha sparpagliato l’elettorato che, sulla Brexit, resta fifty fifty come quando passò per un pelo.

Pro e Contro con idee confuse
I pro Brexit e i contro Brexit o vantano le glorie o sottolineano i problemi dell’Inghilterra da quando, tre anni fa, votò l’uscita dall’Unione Europea, ma fanno sorridere perché la Brexit ancora non ha avuto luogo. Se si realizzerà il prossimo 31 ottobre, si potrà a stento trarre un primo bilancio provvisorio tra un anno. I pro e gli anti Brexit vivono in un mondo loro. I pro – sostanzialmente “sovranisti” – ignorano che Johnson ha appena proposto centomila naturalizzazioni a breve e che il partito di Farage pro Brexit ebbe come base militante la comunità pachistana e  promosse un razzismo anti bianchi europei a favore di una fratellanza Commonwealth. I contro – sostanzialmente internazionalisti – ignorano che l’elemento principale che ha reso possibile la Brexit è stato la sottomissione alla City di clausole di trasparenza da firmare, il che avrebbe fatto crollare la piazza della finanza pirata. Il Bremain, insomma, avrebbe ridotto la presa cosmopolita e la Brexit invece è intrisa di razzismo british nel senso che chiunque è british è superiore agli altri: un pachistano meglio di un ungherese. Hanno sbagliato campo tutti? Con il capovolgimento costante della realtà nell’era dell’ipnosi stupida questo è un dato regolare.

Il ruolo strategico britannico
Il nodo che nessuno riesce ancora a sciogliere nel Regno Unito è che Londra deve rimanere la storica capitale finanziaria spregiudicata senza frontiere, e che deve svolgere due volte un ruolo bicipite con lo sguardo in due direzioni: il Commonwealth e l’Europa, gli Usa e l’Europa. Qualunque perdita di posizionamento in questo quadro le costerebbe carissimo. Per questo stanno cercando una soluzione formale che consenta loro di restare dentro pur chiamandosi fuori, il che cambierebbe poco da prima, quando restavano sostanzialmente fuori pur definendosi dentro. Ma la Banca d’Inghilterra decide ancora, insieme alle altre 27, dell’emissione dell’Euro e questo è un vantaggio a cui dovrà rinunciare con riluttanza. E non è né l’unico né il più rilevante.
Lo strappo di Johnson ci sarà e si rimescoleranno le carte oppure s’impiglierà anche lui?

Un sistema sconvolto per sempre
Non lo sappiamo, comunque ci auguriamo una nostra separazione totale dalla portaerei Wasp che finora ha svolto la missione storica di impedire successivamente a Spagna, Francia, Italia e Germania di produrre una potenza europea nel segno della civiltà.
Ciò detto, la Brexit un risultato l’ha centrato: ha spaccato forse irreversibilmente il sistema britannico che durava da secoli. Il Parlamento inglese funzionava in modo particolare, era praticamente il consulente di un Esecutivo che rispondeva alla Corona. Evola lo considerò un modello possibile per l’Italia nel dopoguerra. Con l’irruzione referendaria esso è stato non solo paralizzato e scisso ma delegittimato. Passata la buriana non tornerà mai più come prima.
La voce della cagnara attirata alla superficie da apprendisti stregoni non si spegnerà più: anche quel Parlamento si ritroverà regredito come i più democratici. Il referendum sulla Brexit ha praticamente colpito le assi portanti del sistema inglese. Un bene per chi non ama l’Inghilterra ma, comunque, un sintomo di sovversione.
Che non deve stupire perché, dietro la facciata compassata british, Londra è la capitale assoluta della teoria del gender, della dittatura del melting pot e gioca da sempre con il terrorismo islamico.
Il suo Parlamento era in ritardo storico, ora sarà globalista definitivamente.

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