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Ricordiamo François Duprat

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 Gli assassini sono tra noi

 

Il 18 marzo 1978 François Duprat venne assassinato nella sua auto dall’esplosione di un ordigno esplosivo molto sofisticato piazzato sotto la macchina.
Duprat aveva 37 anni; era nato il 26 ottobre del 1940 in corsica, ad Ajaccio. Era una figura di punta del mondo nationaliste francese, cofondatore di Ordre Nouveau e del Front National insieme a Jean-Marie Le Pen.
Scrittore ed editore, Duprat aveva iniziato nel 1967, alla morte di Paul Rassinier, a investigare sulla storia dell’Olocausto.
Rassinier era un eroe socialista della Resistenza francese. Riportata l’invalidità al 105%  durante la sua attività, fu poi recluso a Buchenwald e a Dora e tra i due lager  trascorse la guerra. Fu  insignito della “medaglia d’argento della Riconoscenza francese” e della “Rosetta della Resistenza”, massime decorazioni per coloro che avevano partecipato alla Resistenza.
Nel dopoguerra aveva messo seriamente in discussione la propaganda ebraica sulla vita e sulla morte nei campi. Nel suo “La menzogna di Ulisse” dava una testimonianza molto diversa dalla vulgata e puntava in particolare l’indice sul ruolo dei kapò, senza omettere di segnalare come tra i “cacciatori di nazisti” questi fossero in maggioranza, quasi a voler far dimenticare il proprio passato.
Durante il processo Eichmann, quello che consentì ad Israele di prolungare per decenni l’ingresso delle riparazioni dalla Germania e al tempo stesso di dotarsi di arsenale atomico,  Rassinier si era offerto di testimoniare.
Alla sua morte Duprat pensò di riprendere i suoi studi. In realtà non fu l’unico; anzi le indagini storiche si svilupparono soprattutto nella sinistra libertaria nell’ambito della Vieille Taupe coinvolgendo anche ambienti israeliti. Il fratello di Cohn-Béndit fu tra coloro che s’interessarono della revisione storica.
Nel 1978 gli studi erano stati seriamente ripresi da un professore di storia di tendenze liberali, Robert Faurisson e davano qualche imbarazzo a chi sosteneva la vulgata ufficiale.
Per risolverla sarebbero intervenuti, alcuni anni dopo, i servizi francesi coprendo e finanziando un’ambigua cerchia di provocatori “neonazisti”; il che consentì di dare una luce morobosa e sospetta a quanto fino ad allora era stata invece una ricerca storica solare.
Nel 1978 però la strategia non era stata ancora delineata e fu così che l’assassinio di Duprat, commesso con metodi e tecniche da servizio segreto, fu  rivendicato da un ‘’Commando dei Figli e delle Figlie del Ricordo ( o della Memoria’’) e da un ‘’Groupe Revolutionnaire Juifs’’, gruppuscolo facente parte delle organizzazioni e Milizie ebraiche.
Oggi in quasi tutta Europa esistono delle leggi che vietano l’investigazione storica per quanto riguarda l’Olocausto. Chiunque non vi si attenga (fosse anche per aumentare la cifra delle vittime, recita la legge belga) è perseguitato come Galileo Galilei.
La lista dei prigionieri per delitto di curiosità è infinita.
Ricordiamo che lo storico inglese David Irving fu incarcerato in una nazione non sua, l’Austria, perché nelle sue opere, riportando egli sempre e solo documenti storici, sono assenti documenti che provino la pianificazione di genocidio. Per questa ragione fu imprigionato per “negazionismo indiretto” e ciò benché i suoi libri all’indice fossero stati stampati ancor prima che venisse varata la lex galileiana.
In Germania l’ex militante della Baader e Meinhof, Horst Mahler sta scontando una condanna di dodici anni di galera – dodici – per aver affermato di non credere alle verità sull’Olocausto.
In Spagna Pedro Varela è stato condannato in primo grado a tre anni e mezzo, semplicemente in quanto editore. La sentenza afferma che egli avrebbe negato ed esaltato al tempo stesso l’Olocausto: che fantastica schizofrenia!
Trentadue anni fa veniva assassinato François Duprat.

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