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Riguardo l’appello di Adinolfi

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Iniziamo con lo riscoprire l’impersonalità

L’articolo, pubblicato ieri da Gabriele Adinolfi su Noreporter dal titolo “Recuperare lo Stile”, non poteva essere più esaustivo.
Sorvolo sulle considerazioni espresse da Adinolfi, circa le piaghe che affliggono un’area che da diverso tempo , sopporta e tollera comportamenti e stili che poco hanno a che fare con lo STILE che ci ha sempre  connotato.
L’articolo pone sul tappeto una questione imprescindibile per chi si ri-conosce in una concezione della Vita, dell’Uomo  e della sua funzione organica, impersonale , di servizio in una Comunità di lotta.
Non capire che rimettere al centro, come dice Adinolfi, il rispetto , la tenuta, la fierezza d’appartenenza, il superamento dell’individualismo e se necessario l’autoannullamento nel tutto della Comunità, l’umiltà e la capacità d’ascolto anche degli altri fratelli, rappresenta la nostra prima Vittoria, interiore ed esterna, vuol dire aver perso in partenza.
Parimenti, voler interferire, per forza, nelle scelte dei gruppi organizzati, per sentirsi qualcuno , è un altro atteggiamento sbagliato nella forma e nei presupposti :la critica  costruttiva o meno andrebbe  esercitata de visu e con spirito di servizio, e possibilmente non smanettando  come moderni esauriti sui social network di turno.
Riprendiamo a parlarci in faccia. E’ sano e giusto. Si smorzano anche i toni e i possibili fraintendimenti, che i moderni mezzi tecnologici, per quanto utili, in alcuni casi, tendono sicuramente ad acuire.

Come sottolinea bene, Adinolfi, ciò non necessita né di nuovi gruppi od organizzazioni, di cui nessuno sente davvero il bisogno, né di illusori ed inutili, “conglomerati dell’area”, ma di qualcosa di molto più grande ed importante: di lavorare per ricreare spirito di appartenenza ad un ‘Idea, ad una visione che ci ha permesso di restare in piedi in momenti drammatici , di gettare ponti tra vecchie e nuove generazioni apportando ognuno umilmente il proprio contributo, nella misura in cui ognuno può donarlo o venga richiesto.

Ecco, la chiave è quella di donarsi, mettendo da parte atteggiamenti da primedonne, l’ipercriticismo schizofrenico, il voler primeggiare sugli altri per motivi spesso incomprensibili, per intellettualismo individualista o solo per seminare zizzania.

Molti hanno usato l’Idea per  costruire carriere personali, dopo  gli “opportuni” pentimenti  di rito, alcuni  hanno piroettato disinvoltamente tra esibizioni di fede in privato contraddetti dalla militanza in partiti antifascisti  o che comunque ambiguamente glissano tuttora, non sul periodo storico, si badi bene, ma sull’essenza del fascismo, altri ancora hanno preferito , o per propria incapacità o per abito mentale, la marginalità folkloristica, venata da un estremismo infantile da bar dello sport.

Altri ancora, non pochi, hanno  mantenuto la barra dritta, seppure con  i necessari cambiamenti di rotta, ma non sono mai scesi dalla nave, cercando semmai nuovi porti dai quali salpare per una nuova avventura. E lo hanno fatto in silenzio, senza clamore ne’ smania di protagonismo.
Rinsaldare ed affermare in modo  esteso questo tipo di  atteggiamento rappresenta il naturale antidoto ad ogni tentativo di seminare zizzania ed al frazionismo improduttivo ed in questo senso il richiamo di Adinolfi è di salutare importanza.

 

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