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Rosarno non è una monade

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Chi parla senza conoscerla vaneggia. Non così chi ci è andato

Rosarno, Calabria. E’ qui, a sentir le tante voci che si son levate in questi giorni da più parti, che il demonio ha stabilito la sua residenza sulla Terra.
E figli del demonio sono tutti gli abitanti di Rosarno, circa 15.000; tutti mafiosi, razzisti e xenofobi.
Un paese insomma da spianare e rifondare, magari ripopolandolo esclusivamente delle povere anime che sino a ieri occupavano le fabbriche abbandonate ai margini della cittadina.
CasaPound Italia, mentre tutti sputavano sentenze inappellabili e pareri non richiesti, tra i demoni di Rosarno c’è andata, ed è pure tornata.
Nonostante le invettive della chiesa classica e delle varie chiese d’apparato che nella loro miglior tradizione han dato il meglio di sé in quanto a sfruttamento della notizia, fregandosene di quello che è ed è stato il vero contesto sociale nel quale i fatti si son svolti.
A Rosarno i cittadini immigrati non si sono materializzati dal nulla all’improvviso, ne tanto meno sono stati un dono dell’ultima befana.
A Rosarno i cittadini immigrati sono di casa da circa 20 anni, fornendo il loro contributo in quella che è la maggior ricchezza – forse soltanto per pochi – locale; l’agricoltura.
E da 20 anni i cittadini di Rosarno aiutano come possono queste masse di disperati; soltanto pochi mesi fa la cittadinanza ha partecipato massiccia ad una raccolta di abiti e prodotti per l’igiene da distribuire nelle bidonville che ormai tutta Italia conosce.
Perchè l’Italia solo in quest’ultimo settimana ha conosciuto Rosarno e l’incredibile situazione qui creatasi.
Perchè in Italia, per i media, ci sono sempre cose più importanti di cui occuparsi.
Fatto è che invece, fuori dall’Italia, qualcuno aveva già notato la situazione inverosimile di Rosarno, e la BBC vi aveva addirittura fatto un servizio, mentre da noi si era troppo presi a capire quali erano le escort che entravano ed uscivano da un noto palazzo romano.
Qualche attenzione in più inoltre avrebbe evitato a tanti “opinion leader” nostrani di parlare e scrivere per sentito dire, per voce di redazione, per “non può essere che così”.
Qualcuno avrebbe insomma potuto dire ad Eugenio Scalfari, sommo Padre della Repubblica di carta, che la mafia in Calabria non è arrivata solo negli ultimi 40 anni, che tutti i cittadini di Rosarno non se ne vanno in giro oggi con il cappuccio bianco in testa e ieri con lo “schioppo” per boschi, e che la paga media di una giornata massacrante nei campi non è di soli 15 euro, ma bensì di soli 25 euro.
Allo stesso modo, l’uomo dal libro d’oro Roberto Saviano, ormai sceneggiatore di se stesso, non avrebbe visto nelle violenze figlie di degrado ed abbandono, la “quarta” rivolta di cittadini immigrati contro la mafia.
Capiamo che ciò sarebbe bellissimo, suggestivo e pure un po’ romantico, e che arrivati ad una decina di “rivolte” ne viene fuori pure un bel libro; suggeriamo pertanto al Rushdie “de noantri” di computare nel novero anche le rivolte di Los Angeles di qualche decennio, e di Parigi più recentemente. Non sappiamo come farà a collegarle alla mafia, ma sicuramente qualcuno che gli darà ragione lo trova.
Franca Rame non avrebbe immaginato, nelle masse di disperati, tanti esotici “spartacus”; augurare ai poveretti di andare a sostituire i lampioni sull’appia da Roma sino a Capua, non è certo il modo migliore per dargli solidarietà. Ma si sa, la rive gauche dell’italico fiume d’ipocrisie non si ferma certo davanti a quattro “straccioni”, pur di continuare a specchiarsi nella torbida melma di demenza travestita d’intellettualità.
La chiesa poi, quella vera, dei marmi e dei barocchi, che risolve il tutto con quattro parole domenicali dette da una finestra e con prese di posizione da un colpo al cerchio ed uno alla botta in modo che nulla si muova e tutto resti immobile.
A Rosarno del resto ci sono due, dicasi due Caritas; senza immigrati, clandestini, sporchi e affamati, la loro utilità si presume non vada oltre l’organizzazione di tornei parrocchiali di tresette.
Un acquedotto di parole insomma che per almeno una settimana inonderà questo piccolo paesino calabrese, abbandonato ieri, abbandonato domani.
Dallo stato in primis, e da tutti quelli che in questo stato e con questo stato ci campano, ci lucrano, ci si arricchiscono.
Un paese, Rosarno, dove è la norma che nessuno venga assunto, non solo gli immigrati; dove è la norma che tutti guadagnino i famosi 25 euro al giorno, l’immigrato nei campi come la commessa del supermercato.
Dove si è lasciata che una mina venisse depositata, innestata ed infine fatta esplodere, nonostante da più parti, da destra come da sinistra, arrivassero delle voci allarmate. Lo ha ricordato nelle molte interviste il Presidente della regione Calabria; peccato che nessuno abbia ricordato a lui che Rosarno è proprio nella sua regione. Lo stato che dice che lo stato doveva e poteva fare di più.
A Rosarno lo stato si chiama ‘ndrine; lo sanno i cittadini, lo sanno gli immigrati. In un’inchiesta di qualche tempo fa pubblicata da Liberazione, il giornale di quelli che una volta si dicevano comunisti, si evidenziava come il primo livello di controllo mafioso fosse proprio tra gli immigrati stessi, con capi manovalanza che decidevano chi come e quando lavorare, su ordine e per conto dei boss locali. Oggi tutto ciò è sparito e la mafia, quella vera, è tornata ad essere a solo uso e consumo dei soli “diversamente neri”, in una sorta di razzismo al contrario che non ha nulla da invidiare al becerismo del razzismo classico, nonostante sia condito e sponsorizzato da parole ricercate e nomi illustri. Sono rimasti solo i cittadini di Rosarno a ricordare che lo spaccio di droga ed il controllo della prostituzione sul territorio era gestito da cittadini immigrati, cosa impossibile in Calabria senza il consenso delle cosche.
Pertanto la questione non è così ben delineata con i cattivi da una parte ed i buoni dall’altra, a seconda di come piace e come la si guarda.
Rosarno è la punta di un iceberg che si estende su tutto il territorio nazionale, con situazioni al limite che potrebbero scoppiare da un momento all’altro, con forse somma gioia dei soloni di professione. Per i disperati, italiani o meno, immigrati o meno, la situazione non cambia oggi e non cambierà domani, senza un radicale cambiamento delle politiche sociali, economiche ed immigratorie.
Lo status quo arricchisce e torna comodo ai soliti noti, i professori della solidarietà, della carità, la malavita, gli allarmisti a gettone, i paladini della sicurezza, i politicanti d’accatto e tutti quelli che sotto casa non hanno certamente il far west delle sempre più numerose zone di frontiera che costellano il territorio nazionale.
Tutte belle maschere che per citare il sommo Scalfari, che cita Rilke, vanno a coprire i volti delle ipocrisie, al contrario della sola maschera della disperazione che i cittadini di Rosarno, così come gli immigrati costretti alla fuga, porteranno per tutta la vita.
E proprio oggi, 11 di gennaio del nuovo anno, i cittadini di Rosarno scendono silenziosi per le strade del loro paese. Per protestare con il silenzio, contro il rumore delle chiacchiere sguaiate, delle infamie dette, delle offese gratuite.
CasaPound Italia sarà silenziosa al loro fianco.
Quelli che hanno parlato sicuramente non ci saranno.
Devono continuare a parlare.
Domani ne avranno un motivo in più.

http://www.ideodromocasapound.org/index.php?option=com_content&view=article&id=209;rosarno-il-rumore-di-chi-non-parla-contro-il-silenzio-di-chi-sbraita&catid=41;nazionale

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