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Ruby tuesday

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Morale della favola

Il Parlamento ha votato perché anche in Italia come altrove quelli che rivestono le cariche istituzionali siano soggetti a processo solo dopo aver cessato l’incarico; a meno, ovviamente d’ipotesi di crimini contro la sicurezza dello Stato.
Dopo un lungo rimpallare, la Corte Costituzionale sembra aver cessato le ostilità che la vedevano gelosa del potere eccezionale avocato dalla Magistratura durante il golpe extracostituzionale definito “Mani pulite” ed aver avallato almeno parzialmente la linea di Montecitorio.
Il soviet milanese ha però rilanciato subito, ignorando di fatto la decisione del suo stesso organo supremo, e ha chiamato il premier a comparire per un improbabile reato di sfruttamento della prostituzione minorile.
Lo stesso premier ha scelto di non darla vinta al soviet ma di tener duro sulla linea del “legittimo impedimento”: rinunciarvi avrebbe significato mettere in discussione tutta la battaglia condotta finora.
Questi i fatti a nudo: quelli giuridico-politici

Questione morale

Poi c’è la “questione morale” per la quale si sono scomodati un po’ tutti: dal Papa che soffre di amnesie per la questione etica che infiammò l’Europa sette decenni orsono a D’Alema & co, dimentichi dell’assegnazione che ottennero a prezzi popolari di appartamenti di lusso, sino a Fini dimentico dell’appropriazione personale di un bene miltante di cui gode tuttora a Montecarlo.
Infine, tartuffes a parte, c’è la questione morale vera e propria.
E’ improbabile che Berlusconi abbia pagato Ruby od altre per il suo sollazzo personale, è molto più credibile che si circondi di hostess allegre per i suoi ricevimenti alla versagliese su cui punta per mantenere ed allargare le influenze politiche ed imprenditoriali.
Per certi versi ciò è peggio di quello di cui lo accusano infondatamente.
E qui entriamo nella morale della favola, o meglio nelle due morali della favola.

I supplementari della stessa partita

I comportamenti di Berlusconi non sono così eccezionali – per i premier e per i presidenti – come ce li vogliono far passare. Solo  che la stampa non mette in rilievo mai le piccanti marachelle di statisti come ad esempio Mitterrand o Giscard d’Estaing. Sul caso Marrazzo (con il codazzo di morti sospette mai messe in rilievo) è sceso il silenzio così come sugli scandali sesso-droga che videro in un passato recentissimo uomini di An, del Pd e dell’Udc messi in discussione o addirittura presi, come si suol dire, con il sorcio in bocca. Perché allora si parla solo di Berlusconi?
Sembra la riedizione di Mani Pulite. I socialisti allora rubavano; non tutti, ma molti rubavano.
Non erano i soli a rubare ma erano i soli a fare una politica che infastidiva gli equilibri dei parassiti: li scompaginarono in quanto ladri ma non perché ladri, perché politici.
E tra coloro che li scompaginarono c’erano tanti ladri che rimasero illesi e intoccabili.
Su Berlusconi siamo ai supplementari della stessa identica partita.

La corruzione

Ciò non toglie che i comportamenti berlusconiani – non quelli non credibili del satiro con le lolite ma quelli oggettivi del trimalchione che soggioga i clientes – siano censurabili.
Sono comportamenti moralmente inaccettabili perché si fondano su di una logica mercantile e mercificante e perché il premier, conscio della miseria umana degli uomini d’oggi, ne mette a frutto i difetti con sagacia anziché fustigarli.
Di questo però quasi nessuno può scandalizzarsi. La corruzione sta nella democrazia, la corruzione sta in una visione del mondo orizzontale e anti-qualitativa, la corruzione sta in una concezione della vita individualista e speculativa, la corruzione sta nel tempo lineare e non più circolare, la corruzione sta   nell’esistenza pacifista e nel rifiuto delle idee, la corruzione sta nel mammismo e nell’assistenzialismo, la corruzione sta nell’esaltazione della mediocrità e del conformismo, la corruzione sta nell’ipocrita egalitarismo globale.
La corruzione in fin dei conti risiede in un non-Stato che avvilisce l’Italia dall’8 settembre del ’43.
La corruzione sta nei modelli culturali e politici cui quest’italietta guarda da allora e che sono il frutto delle mafie del Crimine Organizzato che domina nel cinsimo e al tempo stesso fa la morale.
I comportamenti berlusconiani sono quindi sì censurabili, ma da parte di quei pochi uomini che se lo possono permettere.

Questi censori

I  censori quotidiani invece dovrebbero tacere per sempre perché sono nani ingordi, ipocriti e invidiosi. Stanno a Berlusconi come i sindacalisti del dopoguerra al capitale. Sono l’antitesi in peggio: moralmente come fisicamente.
Il dramma, la tragedia,  è che abbiamo subito la democrazia un po’ troppo a lungo e che ci siamo sorbiti per troppo tempo i suoi veleni, tra i quali ora spicca il moralismo pettegolo e ipocrita dei tartuffes vermilinguo che ci fa più schifo di tutto il resto. Il che non significa che non vogliamo mandare gambe all’aria anche il resto. Ma abbiamo il senso delle proporzioni e sappiamo riconoscere ancora gli uomini e le gerarchie, non solo quelle dei meriti ma anche quelle delle tare e dei vizi. Sicché se l’uno e l’altro per me pari sono è un postulato condivisibile, se proprio dobbiamo entrare nella questione non ci lasciamo menare per il naso da baciapile e lacché, da giudicanti e puritani. Non in basso ma in alto vogliamo l’alternativa e sappiamo dove cercarla, nel nostro passato, nella nostra continuità e dentro di noi.
E’ un’alternativa politicamente scorretta, molto scorretta, che non piacerà mai a chi fa il censore.

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