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Sbarco in Normandia: c’eravamo anche noi

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Orgogliosamente dalla parte sbagliata

È stato presentato venerdì 5 giugno a Verona al Circolo Ufficiali dell’Esercito Italiano di Castelvecchio il documentario storico “D-Day. Lo sbarco in Normandia – Noi italiani c’eravamo”, progetto ideato dal regista veronese Mauro Vittorio Quattrina e prodotto dallo studio “Il Volo” e che ha visto la collaborazione di Luca Valente. Il documentario, nel 65° anniversario dello sbarco, racconta la storia di tutti quei nostri connazionali che si ritrovarono schierati, da una parte e dall’altra ma soprattutto in campo tedesco, nell’immensa battaglia: prigionieri catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre e mandati a costruire fortini e bunker (parecchi soldati veneti provenivano dal Battaglione “Trento”, catturato a Grenoble), ma anche volontari – “obbligati” o per scelta – in divisa della Wehrmacht, nei trasporti e nella contraerea (tra questi è spuntato anche il nome di Walter Chiari) o addirittura in prima linea, come un certo numero di militari che avevano aderito alla Repubblica di Salò e che combatterono contro gli americani in Bretagna dopo lo sfondamento di Patton.
Su quest’ultimo episodio si è focalizzato l’intervento di Luca Valente, che narra la poco conosciuta vicenda di un gruppo di marò impegnati nella difesa della cittadella di Saint-Malo e attestati sull’isoletta di Cézembre, arresasi agli americani dopo un mese d’assedio e di spaventosi bombardamenti con l’uso anche del napalm.
Altra storia degna di nota quella dei circa 200 italiani presi prigionieri dopo l’armistizio e che dal campo di prigionia di Sandbostel si unirono, all’inizio del 1944, all’SS-Wehrgeologen-Bataillon 500, un’unità del genio militare specializzata nella localizzazione di zone idonee alla costruzione di opere difensive, ma anche nell’approntamento diretto di fortificazioni e nell’attuazione di minamenti e sabotaggi delle vie di comunicazione.
Il 16 marzo 1944 l’intera unità venne trasferita da Amburgo alla Francia, destinazione Bretagna e Normandia, ad approntare difese costiere in vista dell’invasione del continente. Il 17 maggio il battaglione ricevette la visita del Feldmaresciallo Erwin Rommel nel K.V.A. A1 (Küsten Verteidigungs Abschnitt A1 – Sezione difensiva costiera A1), ovvero il settore tra Avranches e Saint Brieuc del Vallo Atlantico.
I geologi delle SS, in quei mesi, operarono anche in altre zone: oltre ad essere impegnati a studiare contromisure difensive particolari, come allagamenti dell’immediato entroterra normanno, svolsero anche rilevamenti e perizie sismografiche in preparazione al lancio delle bombe volanti V1 (il primo avvenne il 13 giugno 1944), per conto del 74° e 65° Corpo d’Armata nel nord della Francia, nelle zone di Rouen, Amiens, Arras, Hesdin e di Cap Gris-Nez, quest’ultima sul Pas-de-Calais.

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Una delle battaglie più sanguinose combattute nel periodo successivo allo sbarco in Normandia si svolse comunque nella citata Cézembre, una piccola isola che strategicamente copriva le spalle alla cittadella di Saint-Malo, in Bretagna. Questo minuscolo, ma strategico, pezzo di terra, di appena 18 ettari di superficie, era stato pesantemente fortificato con batterie di artiglieria, postazioni di mitragliatrici, bunker sotterranei a vari livelli. A difenderlo c’erano militari tedeschi e marò della Repubblica di Salò.

Dopo lo sfondamento di fine luglio le truppe alleate avanzarono all’interno della Francia e quindi anche verso ovest e sudovest. Il 17 agosto 1944, dopo due settimane di aspri combattimenti, gli americani dell’83ª Divisione occuparono la cittadella di Saint-Malo; continuavano però ad essere bersagliati dai cannoni di Cézembre. Decisero allora di mettere l’isola sotto assedio e le riversano addosso un volume di fuoco spaventoso. L’isoletta venne bombardata con tutti i mezzi: dall’artiglieria di terra, dall’aria, dal mare, con i cannoni delle corazzate Malaya e Warspite. Ma non si arrendeva.
A questo punto gli americani ricorsero ad un’arma mai usata prima di allora in Europa: il napalm. Terrorizzati, il 20 agosto, tre nostri connazionali disertarono e a nuoto raggiunsero la costa, descrivendo agli americani le terribili condizioni in cui i militari vivevano nell’isola. Riferirono tra l’altro che c’erano quasi 300 feriti, poco cibo e che le scorte di acqua potabile erano in esaurimento. Gli americani proposero di nuovo la resa alla guarnigione, ma questa rispose ancora a cannonate il 28 agosto.
Si racconta che il generale Patton, a questo punto, fosse estremamente adirato, tanto da ordinare l’annientamento dell’isola fortificata, che raggiunse il culmine il 31 agosto quando 165 bombardieri Halifax e decine di cacciabombardieri P-38 sganciarono su Cézembre migliaia di ordigni, fra cui tonnellate di bidoni di napalm. Fu talmente alto il calore che si sviluppò sull’isola che la rese un deserto inabitabile, tanto che ancora oggi gran parte della superficie è interdetta ai civili. Pare che perfino le canne dei cannoni si fossero piegate per l’immenso calore sviluppato.
Il 2 settembre l’isola di Cézembre, che vanta il triste primato del territorio europeo più bombardato nella storia – 120 mila tonnellate di bombe in poche settimane, 20 mila ordigni solo dal 28 agosto al 1° settembre – si arrese: dalle viscere della terra uscirono vivi, ma in condizioni pietose, anche 69 italiani, ai quali gli americani resero l’onore delle armi.

 

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