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Se il virus si rivelasse una grande opportunità

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Se non altro spazza via tante false illusioni

E se Coronoavirus si dimostrasse una grande opportunità?
Potremo fare, come si diceva un tempo, di necessità virtù.
Poco importa riflettere sul come sia nata questa pandemia, più importante è saperne affrontare gli effetti, che già si palesano.
Psicosi collettiva; rarefazione ulteriore della socialità; retrocessione violenta nell’individualismo onanistico di massa collegato via rete; riduzione delle libertà politiche e associative; tracollo economico; pressing per eliminare il contante; un futuro con sempre meno classi medie e poche garanzie socioeconomiche.
Il tutto sicuramente in Italia, ma è l’intera Europa ad essere minacciata da una convergenza di catastrofi. Che vanno dalla strategia turco/britannica di conquista del Mediterraneo e d’invasione di migranti via Grecia alla guerra economica avanzata dal blocco Wasp che si estende al “piano Marshall” di Trump per l’Europa dell’Est al fine di fissare un cuneo tra noi e la Russia e di annientare le nostre velleità di autonomia strategica.
La pandemia Covid-19 capita a cecio. Tra l’altro funge da perfetta maschera per le vere responsabilità della stagnazione economica. La sua gestione totalitaria lascerà dietro di sé soprattutto rovine. In Italia e in Europa.

Quindi, direte voi, dov’è la grande opportunità di cui ci parli?
È che il dramma costringerà a smetterla di prenderci in giro.
In primo luogo dimostrerà anche ai ciechi come la struttura democratica sia ormai desueta e funga da paravento sempre più logoro a minoranze di potere. Con le nuove tecnologie comunicative e il nuovo assetto sociale la delega non serve più come prima e lo si evince ogni giorno di più. Solo che i decisori, chiamati allo scoperto, non potranno più fingere. Tra l’altro l’esplosione del virus ha stanato in un colpo solo due opposte illusioni astruse: quella della globalizzazione benefica e gestibile e quella della protezione dentro ipotetici confini che dovrebbero imbalsamarci. La realtà se ne infischia delle illusioni, delle utopie e delle distorsioni degli uomini e si dimostra molto più forte.
Così come dimostra che globalizzazione e chiusura stagna sono astrusità, mette anche in discussione le certezze in cui ci siamo a lungo cullati.
Il terrore generale per la morte da Coronavirus fa sorridere. Non soltanto per questioni puramente razionali (i tumori, le metastasi e perfino le malattie respiratorie e le automobili fanno molti più morti, ma non ce ne avvediamo) ma perché l’uomo di oggi, che ha esorcizzato la morte e si crede eterno, ha scoperto con sgomento che può morire improvvisamente. È sempre stato così, ma se n’era dimenticato.

La perdita delle illusioni, il tramonto della delega, la riscoperta dello stato di normalità – che è quello che definiamo di emergenza non quello della sicurezza fittizia – costringeranno la gente a selezionarsi: o essere pecore o risollevarsi.
La massa sarà pecora ma, per la prima volta dopo decenni, ci sarà la possibilità per minoranze qualificate di recuperare le dimensioni filosofiche, esistenziali e spirituali per divenire nuove aristocrazie e al contempo di comprendere sul serio i meccanismi reali della società.
In tutta Europa minoranze selezionate dalla prova dei fatti e rafforzatesi, in quanto già intimamente forti, potranno esprimere una nuova aristocrazia che sia anche avanguardia.
Un processo che si può verificare spontaneamente e non avrà alcun bisogno di trombette, tamburi, vetrine, selfies e likes. Chi si loda si sbroda: non è tra chi sarà galletto o farà la ruota del pavone che verranno fuori i rigeneratori
“Non è intorno a chi inventa strepito nuovo, ma intorno a chi inventa nuovi valori che silenziosamente gira il mondo”.
Nietzsche, che pure aveva previsto l’evoluzione delle nostre società nella produzione infima dell’ultimo uomo che si crede immortale e saltella come una pulce, aveva visto giusto anche qui.
Ora vediamo se questo dramma pandemico produrrà un simile effetto.
Di sicuro non si sarebbe prodotto nella mediocrità quotidiana e nella fiction sociopolitica che ci ha reso sonnambuli.

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