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Se volete dirvi sovranisti

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perlomeno qualificate il termine e dategli un nuovo significato

Ho elencato le ragioni per le quali non possiamo definirci sovranisti e ho spiegato che l’immaginario che si accompagna a questa definizione scaturita da un malinteso di fondo è astratto, retrivo, reazionario e impedisce l’assunzione di un ruolo d’avanguardia.
Il termine di sovranismo fu inventato in Francia dall’ambiente omosessuale e liberal-gollista che all’epoca colonizzava il Front National.  Non si spiega perché in Italia, iniziando da Salvini e allargandosi a pioggia in tutta l’estrema destra, questa definizione abbia avuto fortuna e ciò proprio mentre oltralpe riusciva soltanto a frenare drammaticamente l’avanzata di Marine Le Pen e a rinchiuderla in un cul de sac dal quale si è districata faticosamente solo dopo avere liquidato quella linea disastrosa.

Non lasciamolo nelle loro mani
Siccome non sono un teorico astratto né un irriducibile da tastiera, ma punto sempre a offrire soluzioni concrete, mi rendo perfettamente conto che un rifiuto sdegnoso del termine sovranista, per quanto sacrosanto e concettualmente ineccepibile, può condurre a scelte eccessivamente elitiste. Questo consegnerebbe definitivamente un materiale umano interessante a delle guide inadatte e a certi personaggi costruiti a tavolino dalle logge inglesi che tra gli ignari e ingenui farlocconi nostrani prosperano e sono da loro considerati per qualità intellettuali che nemmeno posseggono.
Il rifiuto totale del termine spingerebbe buona parte dei migliori ad abbandonare le relazioni costruttive e questo sarebbe politicamente sbagliato.

Qualificare il termine
Fintanto che, per abitudine, pigrizia mentale, o per una pura e semplice assenza di alternative, gran parte dell’area si definirà sovranista, questo termine avrà un valore generale, confuso e distorcente sì, ma infelicemente condiviso.
A chi giustamente non intende ridurre il proprio raggio di azione e preferisce coltivare una dialettica costruttiva, propongo che, se proprio deve usare questo termine non lo faccia mai senza accompagnarlo da due aggettivi imprescindibili: rivoluzionario ed europeo.

Rivoluzionario qualifica e distingue perché comprende sia una visione della vita e della cultura completamente diversa da quella dominante (di cui la sovranista è oggi appendice e parte integrante) sia l’aspirazione a cambiare i rapporti di forza, i rapporti sociali e i meccanismi economici (che il sovranismo mantiene invariati), nonché una mentalità che guarda all’avvenire (l’opposto del torcicollo sovranista) e che punta a un’affermazione di potenza.

Europeo qualifica e distingue perché comporta in sé l’assunzione della nostra tradizione storico-politica, una coscienza identitaria pienamente compiuta – dal materiale allo spirituale – nonché una volontà di potenza e una consapevolezza delle sfide dei tempi. Ovvero esprime radicalità e vocazione d’avanguardia.

Sovranista rivoluzionario europeo: espresso così il concetto contiene e manifesta le potenzialità di un ruolo d’avanguardia e la possibilità d’incidere sul futuro, ergendosi di una spanna e oltre dalla dimensione del gossip social e dai ghetti della fiction incapacitante in cui si crogiola e si bea la quasi totalità dei soggetti odierni.
A chi obietterà che questo concetto non ha nulla a che vedere con la narrazione sovranista corrente, rispondo che ha ragione.
Fortunatamente è un’altra cosa.

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