Es siempre la misma historia en la misma noria, contada entera de la misma manera
È sempre la stessa storia nella stessa noria, raccontata per intero allo stesso modo. È un proverbio spagnolo. La noria, anche in italiano, è una ruota ad acqua azionata da un cavallo o da un asino aggiogato che passa la vita a camminare in circolo senza uscirne mai.
La bestia s’illude che prima o poi andrà avanti invece di portare acqua al padrone, ma non succede. Anzi, se mai dovesse porsi la possibilità remota che ciò accadesse si spaventa.
Così è per la bestia de noantri.
Ad esempio vent’anni fa e più, quando nacque l’asse Parigi-Berlino-Mosca in occasione della guerra in Iraq, mi ritrovai ad essere più o meno il solo filorusso d’area. Incontrai perfino gente che diceva che era meglio che vincessero gli americani in Iraq tanto per dare uno schiaffo ai francesi!
Non era ancora ben chiaro il panorama russo: lì esiste un despota, un capo dei capi, un boss mafioso che impersona la linea, ma la linea cambia a seconda dei rapporti di forza interni. In quegli anni la figura che dettava le linee politiche era Igor Ivanov, sostenitore dell’intesa euro-russa. Oggi è il collaboratore del CFR americano, il filocinese Sergey Karaganov, e la Russia fa la guerra a noi e solo a noi. Ma per motivi esclusivamente psicoanalitici una parte degli asini aggiogati alla ruota tifa per essa perché odia il padre, la madre e se stessa. Adduce ragionamenti (geo)politici smentiti dai fatti ogni secondo e letteralmente sbugiardati ma, come i trinariciuti di Guareschi, essa non vuol vedere la realtà. Non è mai Francesca, per dirla alla Battisti.
L’asino non vuole camminare avanti, vuole sognare qualcuno che gli spezzi il giogo (che si è imposto però da sé) ma poi, nel profondo, spera che ciò non accada mai e che possa continuare a ragliare fingendo di ruggire.
Un altro esempio clamoroso è stato l’affare Zemmour. Il polemista scrisse un libo che è diventato un best-seller senza eguali nel quale, rimasticando un po’ Le Pen e un po’ la cultura monarchica, spiegava come si sarebbe potuta salvare la Francia se lui ne fosse diventato il Presidente. Da buon israelita di provenienza araba fu particolarmente acceso contro l’immigrazione islamica. Quasi tutti gli estremisti di destra si mobilitarono a comprare il libro, a iscriversi al suo partito, ad affollare le sue riunioni oceaniche. Erano tutti convinti, anche quelli che lo detestavano, che avrebbe mietuto consensi e che sarebbe quasi certamente andato al ballottaggio. Non sapevano dire se contro Macron o contro Marine.
Quando obiettavo, con un semplice calcolo matematico e con una facile lettura sociologica del voto, che poteva aspirare tra il 7 e l’8 per cento mi guardavano come se fossi un marziano. Che vuoi capire tu che sei italiano? 7,7%! Come risultati ci furono lo sconforto nel branco di asini e un’eccitazione nelle banlieues di cui abbiamo potuto vedere i frutti decentemente.
Intanto Macron, che come tutti i presidenti francesi senza soluzione di continuità e senza eccezioni, è pessimo nella politica interna ma buono in quella internazionale (unica eccezione in questo il disastroso Sarkozy), aveva frenato le migrazioni tramite il Niger, sciolto alcune associazioni islamiste e tagliato i fondi ad altre.
Ma, per l’asino, non contano i fatti, solo le parole e più ancora gli strilli.
Non conosco il generale Vannacci, né ho letto il suo libro. Che per certi versi il mondo vada al contrario non ho dubbi, ma, ammesso che s’intendano le stesse cose, non si può né fermare, né rallentare né riportare indietro. Nei momenti di crisi (letterlamente si tratta dei momenti di passaggio che creano instabilità di vario genere) si possono e si devono inventare nuovi modelli che, se ancorati a principi e canoni rettificano le tendenze e danno loro un nuovo respiro.
Solo di quello si tratta e non di attendersi che qualcuno stacchi la spina. Ma l’asino, che non vuole mai camminare in avanti, solo in quello spera. Ragion per cui s’illude che una figura di salvatore lo miracoli. Magari con un bel colpo di stato? Come se oggi si potesse fare un golpe militare; se questo, in caso di riuscita, portasse davvero al potere che non è più istituzionale se non in minima parte; se potesse accadere in un mondo interconnesso; e se potesse, in caso di botta di matto, durare più di trentasei ore. I colpi di stato si fanno di continuo ovunque nella postdemocrazia, ma con la Magistratura…
Allora, piano B, si spera che possa fondare un partito e riunire il sentimento popolare che, lo si dà per scontato, è uguale a quello dell’asino.
Peccato che, psicologicamente e sociologicamente, quello che il generale di turno dovrebbe incarnare è dal 2018 che si è imposto, e dal 2022 in maniera molto chiara. Che i vari Salvini e Meloni lo abbiano tradito è soltanto una percezione dell’asino che ha riversato il proprio immaginario sull’elettorato populista che non ha affatto i suoi stessi criteri dogmo-psicotici e non viene tradito ma impersonato dai suoi dirigenti.
Perciò, piano C, gli si offre una candidatura alle comunali da cui ripartire per svegliare il popolo….
Perché poi sono così eccitati per il libro del generale? Da quel poco che emerge è perché sarebbe anti-gay. Comprendo che per gli zeccobruni putinisti è rimasto il solo argomento “tradizionale” visto che la Russia, a causa dello strapotere della lobby musulmana di Mosca, vieta il gay pride. Dato che tutto il resto non tiene più, non solo davanti alle cifre che attestano come sia il primo paese al mondo in aborti, in altissima classifica per suicidi e per traffici d’utero, con droga dilagante, ma perché ormai il Cremlino fa politica razzista antibianca a pié sospinto e lingua in bocca con Tel Aviv e varie forme di jihadismo. Resta pertanto solo l’antigay.
Sarà che sono radicalmente eterosessuale, sarà che non ho mai posseduto poster di Frazetta né foto di Putin a torso nudo, sarà che non ho tentazioni che debbo nascondermi, ma tutta questa ossessione non la capisco. Altra cosa è la politica di gender che, come ho sempre affermato, strumentalizza l’omosessualià per la distruzione della personalità, rispondendo a richiami profondi che, da una certa ottica, si possono definire satanisti e da un’altra rigurgiti dell’informe caotico-preario.
Quindi mi chiedo: ma tutti questi che stanno facendo tanto baccano sulla presunta reazione antigay del generale, che hanno detto, fatto o scritto quando il governo, mettendo a rischio la sua tenuta perché in contrasto con il quasi intero Occidente, ha rifiutato la doppia paternità o maternità e ha avviato un progetto di legge contro la maternità surrogata?
Come nel caso di Zemmour, l’asino sfugge i fatti, ama solo ragliare e lamentarsi perché il suo raglio non arriva mai alla luna.
Io non vado avanti a schemi e dogmi da deficiente. Sicché non urlo perché il generale è stato comandante di missioni Nato in Iraq e Afghanistan e decorato dagli americani. Ma questo, per l’asino dal cervello fossilizzato attorno alla noria dovrebbe essere fondamentale visto che, non è più avverso alla Nato, come i neofascisti, in nome di una potenza europea o perché la Nato è una presa in giro che mai combatterà i russi; no, egli lo è in quanto la Nato è il Male Assoluto (fantastico concetto antieuropeo veterotestamentario). Tanto che un popolo invaso da un oppressore che uccide, violenta, rapisce i bambini e produce ovunque sostituzione etnica pretendendo che la sua nazionalità non deve esistere, viene condannato dal somaro perché non offre le chiappe al sodomizzatore e così facendo farebbe un favore alla Nato (che in realtà è fatto proprio dal suo violentatore). Ma un alto ufficiale di questo Male Assoluto che sarebbe la causa dell’imperialismo americano (come se questo non fosse invece tecnologico e di software) va bene, basta che critichi i gay.
Il Kali Yuga secondo Mel Brooks.
Ora non ci provate a stravolgere quello che ho appena detto! Non è questo un esercizio intellettuale, ma il suo esatto opposto; non ho messo in discussione il generale né discuto che esistano ragioni di disagio, di dissenso e motivazioni per fare qualcosa. Ma, appunto, fare. Come ho registrato in tutti i casi qui esposti, non c’è alcuna intenzione di fare.
Io non sto affatto dicendo che quindi si debba gettare la spugna, bensì che è l’asino-area ad averla gettata da tempo e a fingere che non sia così collezionando illusioni che già sa che non avranno seguito. Sono decenni che indico le faglie, le dinamiche, le possibilità con cui ci si può e ci si deve confrontare, ma per farlo serve un ancoraggio totale a una Weltanschauung che consenta al pragmatismo di non divenire trasformismo. Condicio sine qua non per lanciare la sfida della rigenerazione, che non è mai stata né sarà mai la difesa del momento prima.
Ma si devono prima risolvere le proprie contraddizioni e i propri malintesi. I-a suona come Ja ma non è affatto la stessa cosa e, con l’asse ghibellino, non ha proprio nulla a che vedere.