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Sold in Italy

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Il Wall Street Journal entusiasta dei risultati della banda del Britannia ritornata al governo da un anno e mezzo

 

Investite in Italia ora, perché conviene. Evitate di farvi condizionare dalle cronache politiche, perché tanto il paese è stato sempre un macello, e cercate i titoli in forte ribasso che sono destinati a risalire. Questo consiglio, decisamente controcorrente, viene dall’autorevole Wall Street Journal. L’Italia non riesce a formare un governo, la Casa Bianca esprime preoccupazione, Moody’s si prepara a declassarla, e la riapertura dei mercati dopo l’inconcludente giro di consultazioni pre pasquali viene vista come un incubo. Eppure il principale quotidiano finanziario del mondo invita i lettori a chiudere un occhio sui tradizionali limiti della nostra classe politica, concentrandosi invece sulle virtù di un popolo e di un’economia sempre piena di risorse.
Dopo la dichiarazioni di ieri pomeriggio del presidente Napolitano, il Wall Street Journal ha aperto il suo sito con la notizia della creazione dei due comitati di saggi, nella speranza che riescano a sbloccare lo stallo. Prima ancora, però, aveva pubblicato un articolo di Brett Arends dal titolo molto chiaro: “Why Italy Looks Cheap”, perché l’Italia sembra conveniente. Il pezzo naturalmente parte dai problemi politici, la crisi, il debito, la recessione, che hanno spinto anche la Casa Bianca a sollecitare la messa in ordine della nostra casa: Washington teme che il collasso di Roma travolga l’euro, provocando effetti molto negativi per la stessa economia americana in lenta ripresa. «Sarebbe da pazzi investire nel mercato italiano, giusto?», si chiede in maniera retorica il Wall Street Journal.
Nonostante tutti i guai, però, la risposta è sorprendente. L’analisi tecnica della situazione, infatti, spinge proprio a puntare sui titoli del Belpaese, perché i soldi veri si fanno quando si compra a prezzi bassi, che vengono offerti quando c’è instabilità e crisi. Infatti l’indice Mib è giù dell’8% dall’inizio dell’anno, in netta controtendenza rispetto agli altri mercati europei, che invece sono saliti del 2%. L’Italia ha completamente mancato il rialzo delle borse mondiali cominciato nel marzo del 2009, e anche le analisi di Credit Suisse la giudicano di gran lunga il mercato più conveniente. Il Wall Street Journal quindi suggerisce di puntare sui fondi, tipo «iShares MSCI Italy Capped Exchange-Traded Fund», ma anche sui singoli titoli. Eni, ad esempio, «è la versione italiana di Exxon Mobil», e le sue azioni costano meno solo per la sede geografica, non per la qualità del suo business: «Se la borsa si riprende, gli investitori ne trarranno subito un beneficio».
Già, ma quando? E in quali condizioni politiche? La risposta viene da Holger Schmieding, chief economist della Berenberg Bank di Amburgo, che gestisce un portafoglio da 30 miliardi: «L’Italia non andrà a gambe all’aria, e l’economia comincerà a riprendersi durante l’estate. La situazione politica è un macello, ma si tratta del solito macello, e il paese saprà conviverci».
Naturalmente speriamo che abbia ragione il Wall Street Journal, anche se il suo articolo non giustifica la nostra abituale compiacenza, secondo cui tanto siamo più furbi di tutti e con la creatività ce la caviamo sempre. «La situazione è realmente complicata», conclude il giornale. Infatti chi esce davvero distrutto dall’analisi del Journal è proprio la classe politica italiana, a cui restano in sostanza due soli profili possibili: un gruppo di irresponsabili, che da anni sta facendo del suo meglio per distruggere il paese; oppure un gruppo di irresponsabili che sta diventando irrilevante, perché il paese galleggia nonostante loro. Tertium – ossia un gruppo di persone responsabili che lavorano per il futuro dell’Italia aldilà dei loro interessi personali – non datur.

 

Ecco come funziona

Quel governo zitto zitto e quatto quatto

mauriziocaprino.blog.ilsole24ore.com

Non è questione di un pugno soldi. Dietro quei pochi euro di rincaro delle tariffe per le pratiche di competenza del Pra, che illustro e commento sul Sole-24 Ore, c’è una lezione su come funziona l’Italia. Lo vedete riflettendo su un particolare: che il Pra stesse soffocando finanziariamente non era un mistero (data la crisi del mercato dell’auto, che ha fatto crollare il numero di pratiche) e di un adeguamento delle tariffe si parla da anni, visto che erano ferme dal 1° settembre 1994. Eppure nessun Governo le aveva toccate. Nemmeno quello attuale, quello tecnico, che ha atteso i suoi ultimissimi giorni di vita per dare il via al Dm di adeguamento tariffario. Che significa?
In giorni in cui il Governo è in carica solo per gli affari correnti, toccare un provvedimento immutato da 19 anni non è proprio normale. Tanto più che non sono state solo aumentate le tariffe, ma anche introdotte esenzioni ed eliminati gli aggi dovuti dalle Province al Pra per la riscossione dell’Ipt. E non c’era certo la Ue a premere, come invece sta facendo sui provvedimenti di natura economica attesi per i prossimi giorni. Dunque, c’era una volontà piuttosto forte (più forte di quella che avrebbe invece meritato un’efficiente riorganizzazione della burocrazia dell’auto, per garantire che il lavoro del Pra venga addirittura potenziato ma risparmiando risorse, come nello spirito della spending review annunciata da Mario Monti quasi un anno fa). Almeno in una parte del Governo.
Ma come si fa ad avere una volontà forte, in giorni in cui il Paese non riesce nemmeno a darsi un nuovo Governo? Semplice: molto potere non sta in mano alla politica in senso stretto, ma all’alta burocrazia. Consiglieri di Stato, alti magistrati, prefetti, ambasciatori, alti dirigenti ministeriali (capi di gabinetto, capi ufficio legislativo) eccetera. Tutti soggetti che di solito non vanno a Ballarò e Porta a Porta, tranne un po’ durante il Governo tecnico perché alcuni di loro sono diventati ministri, viceministri o sottosegretari. Tutti soggetti che normalmente restano nell’ombra e nell’ombra danno corso a tanti provvedimenti che interessano a qualcuno e impattano su molti.
Per certi versi, è giusto. Per altri, è inevitabile. Ma va raccontato: la gente deve rendersene conto, altrimenti nella coscienza e nell’immaginario collettivo resterà l’idea che i tecnici e la società civile agiscano sempre per il meglio e senza interessi, mentre invece sono solo lo specchio della società. E, quindi, della politica.

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