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Il commissario politico

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Monti da oggi ha una marcia in più ma sotto la guida diretta di Napolitano

 

Gli staff si erano già rilassati. Dopo il rush finale, in particolare quello imposto da Corrado Passera ai suoi collaboratori, e i tempi supplementari al dicastero dell’Economia, dettati dai tempi del Def (Documento di economia e finanza), i compiti di fine mandato del governo tecnico sembravano esauriti e nei ministeri si respirava un’aria pre-vacanziera.
Perché toccherà ai «tecnici» gestire gli affari correnti e forse anche qualcosa in più. C’è il «pilota automatico» evocato dal presidente della Bce Mario Draghi. Significa che alcuni provvedimenti camminano da soli, in particolare la stangata fiscale prevista per l’estate che mette al sicuro i conti del 2013. Ma su questo il premier ha già deciso che farà qualche cambiamento. C’è il disastro marò, che il presidente del Consiglio gestirà per qualche giorno in prima persona avendo preso l’interim degli Esteri.
Il premier cercherà di affrontare il tutto nel modo più autonomo possibile, grazie al mandato del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una rilegittimazione del governo Monti che ora può spingersi «oltre l’ordinaria amministrazione», come ha spiegato il costituzionalista Enzo Cheli. Senza contare il fatto il governo uscente non è mai stato sfiduciato. Se c’è un’emergenza economica, ad esempio, può, «anzi deve» mettersi al lavoro per affrontarla, osservava ieri Lavoce.info. Non a caso il premier ieri sera al Tg1 è stato chiaro: «L’invito del capo dello Stato è chiaro, il nuovo Parlamento sta lavorando con il governo su alcuni provvedimenti d’urgenza come i pagamenti per i debiti della Pubblica amministrazione alle imprese».
Prassi costituzionale a parte, i nodi che dovrà affrontare ora il professore sono tutti politici. Da una parte il suo governo è meno dipendente dalla maggioranza parlamentare rispetto a prima. Una sfiducia a un governo dimissionario non si è mai vista. Tutti i provvedimenti economici, assicuravano ieri fonti governative, saranno concordate con il Parlamento attraverso le commissione speciali istituite nelle due Camere. In teoria rimarranno in carica fino a quando non saranno istituite le commissioni permanenti, ma per l’esecutivo rappresentano un interlocutore meno problematico di un Aula e quattordici parlamentini.
Dall’altra Monti da oggi dipende ancora di più da Napolitano. Ed è da definire il rapporto con i due gruppi di saggi. La divisione dei compiti dovrebbe essere netta. A loro il compito di preparare il futuro governo, a Monti le gestione corrente.
L’agenda è già pronta. Ormai dato per certo il rinvio della Tares, la nuova tassa sui rifiuti che scatterà il luglio. Poi c’è il decreto sulla restituzione dei crediti delle aziende. I 40 miliardi sono già previsti dall’aggiornamento del Def. Il provvedimento che deciderà come restituirli doveva finire sulla scrivania del prossimo premier, ma visti i tempi stretti, se ne occuperà Monti e il ministro Grilli.
Se il governo redivivo dovesse andare oltre i limiti di tempo del mandato di Napolitano, all’esecutivo toccherà anche fare i conti con un deficit-Pil al 2,9%. Quindi con margini di manovra nulli, visto che il tetto europeo invalicabile è del 3%. A decidere di portarlo al limite è stato lo stesso governo Monti, contabilizzando nel 2013 tutta la restituzione dei debiti per investimenti. La grana sarebbe dovuta cadere sulla testa del prossimo premier. Adesso toccherà, almeno per un po’, a Monti.

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