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Tra incudine e martello

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L’usura istituzionale ti può spingere tra le braccia di quella considerata illegale. Perché poi, visto che è la stessa?

Stefano si è fermato un attimo prima di fare quella chiamata che sarebbe diventata una trappola. Dall’altro capo del telefono c’era, pronta a rispondere, una persona che lo avrebbe messo in contatto con un usuraio. Lo sapeva, era stato lui a cercarla, quando l’emergenza Covid è piombata sulla testa sua e della famiglia e lui, lavoratore autonomo cinquantenne dei Castelli Romani, si è trovato senza entrate. Da un giorno all’altro. Prima di digitare quel numero, però, Stefano – nome di fantasia, “nella mia zona mi conoscono in tanti e non voglio che i miei amici sappiano che mi trovo in questa situazione”, dice ad HuffPost – ha confidato i problemi economici al commercialista. Che l’ha fermato e invitato a chiedere aiuto.

“Con il lockdown la mia attività si è bruscamente fermata e non so quando riprenderà – racconta – ho la partita Iva e fatturavo non più di 600 euro al mese. Insieme al lavoretto di mio figlio, che ne guadagna 560, riuscivamo ad andare avanti”. La pandemia si è abbattuta sulla sua vita, come su quella di tante altre persone. Ai primi di aprile Stefano chiede il bonus di 600 euro che spetterebbe agli autonomi. Nessuna risposta. “La mia pratica risulta ancora in lavorazione”, spiega. Disperato, prova a chiedere al Comune i buoni spesa: “Mi dicono che, poiché la mia famiglia aveva una piccola entrata, quella di mio figlio che peraltro ha da onorare un piccolo prestito con la banca, non mi spettavano”.
Passano i giorni, i pochi risparmi si assottigliano, l’angoscia cresce: “Per due settimane a pranzo potevamo permetterci di mangiare solo panini. Io ho un passato da muratore, sono abituato a queste cose. La mia famiglia no”.
È a quel punto che Stefano pensa a una soluzione estrema. Una delle più rischiose: “Inizio a fare telefonate, a capire come avvicinare qualcuno che potesse prestarmi dei soldi. Sì, mi vergogno un po’, a dirlo, ho cercato gli strozzini”. Poi la lucidità torna e Stefano, seguendo il consiglio del commercialista, si rivolge all’Ambulatorio antiusura, una onlus con base a Roma, che collabora con la Confcommercio e aiuta le vittime o le persone a rischio usura.
In tanti si stanno rivolgendo a questo sportello, e agli altri che si occupano del problema, per segnalare situazioni di difficoltà dovute alla crisi Covid: “Abbiamo registrato in questi mesi un +30% richieste di aiuto. Arrivano quasi tutte dal Lazio. Si tratta di imprenditori in difficoltà, che faticano anche ad accedere ai prestiti garanti previsti dal governo, ma anche famiglie che hanno perso le loro entrate. C’è chi attende la cassa integrazione, ma al momento ha terminato la liquidità. E rischia di rivolgersi agli usurai”, racconta ad HuffPost Luigi Ciatti, avvocato e presidente dell’Ambulatorio antiusura.

Ciatti fotografa la situazione del Lazio, ma in tutta Italia gli strozzini stanno approfittando del momento di crisi. E della disperazione delle persone. Gli ultimi dati del Viminale tratteggiano uno scenario inquietante: a fronte di una diminuzione di tutti gli altri delitti contro il patrimonio, l’usura è in ascesa e registra un aumento del 9,1%.
Spesso, spiega ad HuffPost l’avvocato Enza Rando, presidente di Libera, gli usurai appartengo ad associazioni mafiose: “Le organizzazioni criminali hanno tanta liquidità da investire, denaro da riciclare”. Per loro questo è un momento perfetto. E lo stesso modo di fare usura è cambiato: “Non hanno neanche bisogno di chiedere tassi di interesse elevati, non è la restituzione dei soldi che importa in questi casi. Loro puntano ad altro. E ti distruggono la vita”, avverte. In un periodo di crisi come questo, continua, “la vittima tende a vedere, in un primo momento, l’usuraio non come una minaccia ma come un benefattore. Il conto lo pagherà dopo, quando si troverà costretta a cedere a intestazioni fittizie di attività, o a vendere ai suoi aguzzini la sua impresa, nella quale ha investito denaro ed energia, a quattro soldi. Per questo credo che lo stato debba intervenite presto. Non bisogna lasciare sole queste persone”.  Anche Libera ha attivato un numero di telefono per segnalare difficoltà: “Le telefonate a Linealibera per ora sono poche, perché questo non è ancora il momento della denuncia. Ora le persone tendono a chiedere aiuto agli usurai. In attesa che i prestiti siano accettati delle banche o gli altri sussidi sbloccati, li vedono come unica speranza”. Per questo, secondo Ciatti e Rando, l’unica soluzione è che lo l’autorità agisca in fretta. “Si potrebbe pensare a un patto fiduciario tra banca e persona che chiede il prestito garantito – suggerisce la vicepresidente di Libera – in modo che il denaro arrivi subito, sulla base di autocertificazioni, e i controlli si facciano dopo”. La velocità nella risposta pubblica è la chiave in questo momento, perché più tempo passa, più la mancanza di liquidità per famiglie e piccoli imprenditori sarà devastante.
Torniamo a Stefano, che ora è un po’ più sereno. Ricevuta una piccola somma dalla Onlus cui si è rivolto, ora sta provando ad accedere al Fondo di emergenza creato dalla regione Lazio per sostenere, con contributi a fondo perduto di non più di 3mila euro, le famiglie e le piccole imprese vulnerabili a causa del Covid o vittime di usura. “Ho tanta rabbia per l’aiuto non ricevuto dallo Stato – conclude – ma sono contento di non aver fatto la stronzata di chiamare gli strozzini”.
Simone invece l’incubo in cui rischiano di piombare migliaia di famiglie in questi mesi lo ha già vissuto tempo fa, quando gestiva delle videoteche: “Ero arrivato ad averne quattro, poi con la crisi del settore, le pay tv e tutto il resto, le mie entrate sono bruscamente calate”, racconta ad HuffPost. Vittima per cinque anni, a Roma, di associazioni criminali che gli avevano fatto prestiti a usura, arriva ad accumulare 400mila euro di debiti. Nel 2010 denuncia e manda in carcere gli usurai, legati a gruppi di criminalità del territorio romano, che lo minacciavano. Costretto a cambiar quartiere insieme alla moglie e ai suoi tre figli, perde la casa, sulla quale aveva il mutuo. Poi, passo dopo passo, Simone – anche questo è un nome di fantasia, “dopo la denuncia ho raccontato la mia esperienza, ma per tutelare me e la mia famiglia devo farlo in forma anonima”, dice ad HuffPost – riesce a ricominciare. Il 22 febbraio 2020 inaugura la sua lavanderia, aperta grazie a un contributo a fondo perduto. Poche settimane e il Covid blocca i suoi sogni di ripartenza. E lo fa ripiombare nell’incubo dell’assenza di liquidità.

“A me sembra un déjà vu”, racconta, mentre ci spiega che attende la risposta alla richiesta del contributo della regione Lazio. Ci prova Simone, ma sa che non sarà semplice perché ha già ottenuto un’erogazione di questo tipo. Tentare un prestito garantito dallo Stato? Al 52enne romano non sembra una soluzione praticabile: “Sono state fatte tante promesse, ma concretamente è troppo complicato ottenerlo. Troppo lunghi i tempi”. In teoria tra qualche giorno la sua attività potrebbe riaprire: “Ma senza liquidità come facciamo a comprare ad adeguarci alle disposizioni di sicurezza anti Covid?”. E così la sua vita resta sospesa e nella sua mente torna la paura provata tanti anni fa: “Chiaramente io dagli usurai non tornerò più, ma non nascondo che per un attimo, uno solo, l’idea di rivolgermi a qualcuno di loro ha sfiorato la mia mente”.
Un pensiero che è andato via subito, perché Simone indietro non vuole tornare. Ha ancora chiaro il ricordo di quando mise la pistola in bocca perché, sommerso dai debiti e dalle minacce, voleva farla finita. O di quando persone mandate dagli usurai si presentarono davanti alla scuola della figlia più piccola, che all’epoca frequentava le elementari. Ha faticato a uscirne e ora vuole andare avanti. Ma se non arriva subito l’aiuto delle istituzioni si chiede come potrà farlo. Ma non pensa solo a sé Simone: “Sa quanti imprenditori e piccoli commercianti ci sono nella mia stessa situazione? In un momento di disperazione, se lo Stato non li aiuta subito ad avere liquidità, è facilissimo che si rivolgano agli usurai. Rovinandosi la vita”.
Che il problema abbia proporzioni enormi è evidente. Ma gli effetti potrebbero essere scoperti quando sarà troppo tardi. “Rischiamo di consegnare pezzi di economia sana, pezzi di Paese, alla criminalità. Di nuovo – sottolinea Ciatti – in questi giorni mi chiamano persone con le lacrime agli occhi, che hanno investito tutta la vita in un’attività e ora potrebbero perderla in due mesi”. Il rischio è di “dare le chiavi” dell’economia legale a chi vuole servirsene solo come strumento per arricchirsi ancora, illecitamente. “Senza liquidità immediata, senza aiuti veloci alle famiglie dovremo poi operare a ritroso, rincorrendo una situazione che poi sarà già degenerata. E ci vorranno anni per farla rientrare”, chiosa Luigi Ciatti. Per Enza Rando c’è poi un altro pericolo: “Se lasciamo che la criminalità si appropri, attraverso usura ed estorsioni, delle imprese e delle attività commerciali in difficoltà, un domani, quando arriveranno altri aiuti pubblici, rischiamo che finiscano nelle sue mani”. Perché, a quel punto, se avranno preso il posto di imprenditori e commercianti onesti senza essere scoperti, potranno chiederli anche loro.

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